Con due richieste tecniche, ma avanzate con modi e tempi minacciosi, il primo socio di Mediobanca passa all'attacco dell'attuale gestione. Leonardo Del Vecchio (nella foto), forte del 19% delle azioni della banca d'affari, è stato autorizzato dalla Bce a salire anche fino al 20%, ma a condizione di non diventare azionista destabilizzante degli attuali equilibri. E dopo essere stato a lungo silente, ieri è uscito allo scoperto. Delfin chiede di inserire all'ordine del giorno della prossima assemblea del 28 ottobre due modifiche dello statuto. La prima per eliminare il requisito secondo cui tre amministratori (nel caso in cui il cda abbia più di tredici componenti) devono essere dirigenti del gruppo Mediobanca da almeno tre anni, «abrogando delle norme statutarie che non hanno termini di paragone in alcuna altra banca o società quotata in Italia». La seconda per incrementare il numero dei consiglieri di minoranza e di prevedere che più liste possano concorrere alla loro nomina.
La holding di Del Vecchio spiega poi il perché della mossa - anticipata dal consigliere di fiducia Romolo Bardin all'ad di Mediobanca Alberto Nagel solo poco prima di inviarla ufficialmente. «Delfin - si legge - non prevede né intende revocare l'attuale consiglio di amministrazione prima del termine del suo mandato. Invero, la presente proposta non persegue lo scopo di sostituire gli attuali amministratori o manager della Banca, quanto piuttosto quello di assicurare che, d'ora in avanti, questi operino all'interno di un quadro di regole di corporate governance coerente con le best practice e siano fortemente incentivati a porre al centro la creazione di valore per tutti gli azionisti, lasciando al cda e agli azionisti, come accade in qualsiasi altra società, il diritto di decidere in ultima istanza chi debba gestire la Banca». Argomenti che ricordano, a parti invertite, quelli usati da Mediobanca nella battaglia per le Generali, che è poi quella che fa da sfondo a tutto questo. In Generali Del Vecchio ha oltre il 5,1% e insieme con Caltagirone e Crt ha siglato un patto di consultazione già oltre il 12% in vista dell'assemblea che dovrà rinnovare il cda triestino nella primavera prossima. I pattisti vorrebbero un nuovo cda con un nuovo ad al posto di Philippe Donnet. Mentre Mediobanca, che in Generali ha il 13%, sostiene l'opportunità di introdurre la lista del cda proprio per confermare Donnet. Per questo la mossa di Del Vecchio in Piazzetta Cuccia ha il sapore di mettere nuova pressione sulla partita triestina.
E come se non
bastasse, ieri i Benetton hanno dato disdetta al patto light di Mediobanca, con la loro quota del 2,1% proprio per essere neutrali - così hanno scritto - nella partita in corso su Generali. Ma c'è chi sospetta che non sarà così.
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