La maggioranza di sinistra del Consiglio di Zona 1 di Milano, dentro la cerchia dei bastioni, ha dimostrato a quali sublimi vette di perversione normativa si può arrivare; fin dove si può spingere il gusto sadico (e leninista) della vessazione burocratica quando per scrivere delle regole ci si affida più alla ideologia che alla razionalità e al buon senso. Gli abitanti del centro storico - generalmente considerati dei privilegiati ma ora, francamente, da compatire - dovranno fare conteggi complicatissimi per conquistare il diritto di tornare a casa con la loro auto: dovranno ricordare quante volte lo abbiano già fatto nell'ultimo anno e, arrivati a 48, ricominciare a contare e ancora dopo altri 40, e capire se hanno conquistato il diritto allo sconto dell’80 o del 70 o del 50 per cento sul ticket dell’Europass. E comunque pagare, per tornare a casa, un piccolo riscatto amministrativo quotidiano. Oltretutto con l’obbligo di entrare nella «città (elettronicamente) proibita» solo dal varco più vicino alla propria abitazione. Perciò se il signor Ambrogio Brambilla abita ad esempio, in zona Magenta ma lavora a Peschiera Borromeo, ogni giorno dovrà circumnavigare il centro per entrarvi dal varco assegnatogli d’autorità dal Grande Fratello Ecopass. E tutto ciò, secondo questi pericolosi apprendisti stregoni, col nobile l'intento di diminuire il traffico e scoraggiare l'uso privato dell'automobile. Per un fine superiore: istruire, formare il «cittadino nuovo», quello arancione, ecologicamente responsabile. Senza contare l’altra misura, ancor più geniale, adottata dalla giunta per incentivare l’uso del mezzo pubblico, l'aumento del 50 per cento del prezzo del biglietto Atm: col risultato che tutti constatiamo personalmente in questi giorni, viaggiando in metrò semivuoti. Ma in realtà, siccome del tarlo leninista non ci si libera in pochi anni, il vero intento che sta dietro a tanto sadismo vessatorio, dietro questa forma di tortura burocratica meritevole di un ricorso alla Corte di Strasburgo per i diritti umani, c’è l’idea, che il cittadino vada educato, ad esempio, a non andare in auto ma in tram, che questo compito educativo tocchi alla politica e che per farlo bisogna picchiare duro, con obblighi, divieti, multe, ticket, tasse, conteggi complicati e percorsi obbligati. Prima o poi il cittadino capirà e si adeguerà. Oppure, aggiungo io, se ne fregherà e trasgredirà, come dimostra la storia, non solo italiana, del centralismo burocratico e dell'eccesso di regolamentazione che inevitabilmente conduce alla trasgressione. Ma forse, più banalmente, basterà un ricorso al Tar per cancellare queste norme. Come può essere consentito ad una amministrazione pubblica, infatti, chiedere un pedaggio a un povero cristo che vuole tornare a casa? Persino i briganti medievali esentavano gli abitanti della loro zona dal pagamento del«soldo»,che infliggevano solo ai forestieri.Ma è evidente che per concepire norme così astruse, inapplicabili, confuse bisogna avere dei problemi di equilibrio, oltre che, come ho detto, di soggezione ideologica. Altrimenti a quella gente sarebbero venute in mente provvedimenti perfino più severi ma razionali. Come, ad esempio, la banale chiusura del centro storico nella fascia oraria diurna, da cui i residenti sarebbero, ovviamente esentati. Il sindaco Tognoli, dopo un referendum consultivo, lo fece, anche se nella più ristretta cerchia dei Navigli. E la cosa funzionò. Qualche socialista della giunta Pisapia dovrebbe ricordarlo.
Oppure, come fanno in certe aree di New York, di Londra o di Parigi, vietare del tutto, sempre nella fascia oraria diurna, il parcheggio ma non il transito nel centro storico. Insomma, il cittadino non chiede regole meno severe, ma è disposto ad accettarne anche di più dure purché intelligenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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