Effetto Zapatero in Italia irregolari raddoppiati con la Spagna blindata

I controlli alle frontiere non funzionano: l’anno scorso i rimpatri sono stati 27mila e i respingimenti 23mila

Marzia Paolucci

da Roma

«Rafforzare, non interrompere il dialogo con la Libia sulla gestione dei flussi migratori». A ridosso dell’ennesima tragedia, è una nota del ministero dell’Interno ad annunciare la volontà di continuare il dialogo con i Paesi del Nord Africa che sono sotto accusa per il traffico di uomini. «Lo testimonia - informa la nota del Viminale - l’incontro che si terrà a giorni tra Italia, Libia e Malta. L’obiettivo del coinvolgimento dell’Unione europea si colloca perfettamente all’interno di questa strategia».
Secondo gli esperti, per combattere l’immigrazione clandestina serve una coerente politica europea di contrasto all’immigrazione clandestina. Una situazione critica, documentata dall’ultimo dossier immigrazione stilato dalla Caritas secondo il quale l’immigrazione irregolare a partire degli anni ’90 è notevolmente aumentata sia via terra che via mare.
Vediamo come: complice Schengen e gli accordi di libera circolazione di merci e persone stipulati nel 1999, i rimpatri nel 2005 sono stati quasi 27mila e hanno superato i respingimenti fermi a quota 23.878; dimostrazione, questa, che i controlli alla frontiera non funzionano. È il fronte marino la vera nota dolente: gli sbarchi dopo le restrizioni imposte dalla Spagna di Zapatero sugli avamposti di Ceuta e Melilla, sono aumentati in maniera esponenziale. Sono passati dai 13.635 del 2004 ai 22.939 del 2005, quasi il doppio, fino ai 23.719 dei primi sette mesi del 2006. L’Italia è di fatto una delle rotte principali dei flussi migratori. Il dossier Caritas affronta anche il tema dei rimpatri predisposti a seguito di espulsioni non ottemperate, oltre 65mila nel 2005. Le espulsioni che invece hanno avuto seguito l’anno scorso sono state 26.985. Così ripartite secondo le analisi Caritas: 16.690 espulsioni eseguite e 10.295 riammissioni nei Paesi di origine come da intese bilaterali firmate dall’Italia. Si tratta infatti di 27 accordi di cui 21 già in vigore in cui figurano, illustri assenti dalle trattative, la Libia come anche Egitto e Marocco. In particolare, nell’Unione europea il «rimpatrio assistito» è previsto in Austria, Cipro, Estonia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria. Nell’elenco anche due candidati Ue come Bulgaria e Romania mentre ammontano a dodici gli accordi che riguardano i Paesi non Ue di Albania, Algeria, Croazia, Macedonia, Georgia, Marocco, Moldavia, Nigeria, Sri Lanka, Svizzera, Tunisia e Serbia-Montenegro.
E veniamo ai centri di permanenza temporanea: un trattenimento, quello presso le 13 strutture, che non ha mai avuto l’impronta risolutiva che la precedente normativa avrebbe voluto assegnargli. Nel 2005, gli stranieri ospiti sono stati 16.163, 516 in più rispetto all’anno precedente: in testa Roma con 3.681 ingressi e agli ultimi posti Catanzaro, Lecce e Modena dove oltre la metà dei passibili di rimpatrio si è persa per strada. Né va dimenticato, informa ancora il dossier Caritas, che un quinto degli ospiti dei Cpt con ordine di rimpatrio, una volta dimesso per scadenza dei 60 giorni previsti dalla legge, torna quietamente a ingrossare le file della clandestinità di casa nostra. Tutto ciò con costi esorbitanti per l’amministrazione: i primi 9 mesi del 2004 i Cpt sono costati circa 30 milioni e mezzo di euro e l’anno precedente, informa il dipartimento di Pubblica sicurezza del Viminale, abbiamo speso oltre 12 milioni e mezzo di euro di charter e navi occorrenti al rimpatrio. Il costo complessivo del contrasto all’immigrazione irregolare nel 2004 è costato all’Italia 115.467.000 euro (circa 316mila euro al giorno), una cifra enorme, soprattutto se paragonata alle risorse destinate ai progetti di integrazione e assistenza degli immigrati: appena 29 milioni di euro.
Da dove provengono i clandestini? Secondo un’indagine sull’immigrazione illegale realizzata nel 2003 dal Dipartimento di Economia dell’Università di Bari, su un campione di oltre 900 intervistati, i richiedenti asilo o rifugiati risultano essere più della metà.

Il 10% viene dall’Irak, il 9% dalla Liberia e il 5,4% dal Sudan seguiti da Paesi con una consolidata tradizione migratoria come Marocco, Senegal, Turchia, Pakistan, Albania e Sierra Leone. La maggior parte, il 23%, arriva via nave, il 15% a bordo di pullman, il 12% a bordo di camion, l’11% in macchina e il 10% in barca.

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