"Elezioni immediate o la Cosa rossa per noi è già morta"

Il leader del Pdci Diliberto: "Non accettiamo che i nostrui fratelli facciano un governo tecnico con la destra. Prodi non mi piace come persona: ha risanato i conti, ma i frutti li godranno altri"

"Elezioni immediate o la Cosa rossa per noi è già morta"

Roma - Onorevole Oliviero Diliberto, prima della crisi l’intera Unione sosteneva: o Prodi o voto anticipato. Ora solo lei sostiene le urne. Coerenza comunista?
«Faccio una lucida analisi politica, almeno spero. Se si vota, si può vincere o perdere, ma il centrosinistra mantiene una coerenza utile per il domani. Se si fa un pasticcio non avremo più neppure quella...».

Non crede ai nomi che circolano per un incarico?
«Sui nomi di un finto dialogo, gli alleati stiano attenti: è un trappolone di Berlusconi per delegittimarci».

Non crede al governo tecnico?
«Se resta fino alla finanziaria, sarebbe una rovina per tutti i lavoratori».

Perché?
«Chi spinge per un governo di transizione? Confindustria e Vaticano, i poteri forti che hanno affossato Prodi».

Dunque elezioni e amen?
«Se il Capo dello Stato decidesse di incaricare Prodi per un governo che abroghi il Porcellum per far tornare in vigore il Mattarellum, o istituire il Tatarellum, potrei starci».

Da ultimo comunista vuol proprio morire democristiano. Prodi le piace così tanto?
«La persona no: ho avuto con lui scazzi enormi...».

Allora le piace il prodismo, visto che nel ’98 abbandonò pure il Prc.
«Di quel primo governo dò un giudizio sicuramente positivo. Questo secondo è stato un governum interruptus. Nonostante tutto, mi pare fosse l’equilibrio più avanzato possibile. Mi rammarica che abbia risanato i conti pubblici e ora i frutti se li godranno gli altri».

Prc vorrebbe un «governo di scopo». A che scopo?
«Non so. È un errore politico. La sinistra ha già perso consenso, pensare di partecipare a un governo con la destra è una seria illusione ottica. Mi auguro che fallisca, anche se deve continuare il cammino per l’unità».

Unità unità, ma non siete mai d’accordo su nulla. La Cosa rossa nasce morta.
«Molto dipenderà da questo passaggio. L’unità non si fa in base alla legge elettorale, ma alle opzioni politiche. Mi pare complicato riuscire ad accettare l’idea che i nostri fratelli possano fare un governo con Cuffaro».

Intanto Giordano fa un appello per liste comuni.
«Le liste comuni sono il nostro obbiettivo».

Obbiettivo arduo, se pretende falce e martello.
«La falce e martello è un problema identitario, vale anche per i Verdi.

Se gli elettori non ci riconoscono, rischiamo un grande flop».
Allora quale simbolo?

«Il simbolo nostro con quello dei Verdi ha funzionato, alle ultime elezioni».

Così gli elettori non avranno neppure la sensazione di una cosa nuova.
«Non ho mai detto di volere una cosa nuova: vogliamo confederarci con i partiti esistenti, ma non ci scioglieremo né oggi né mai».

Persino Cossutta è più avanti e vuole novità...
«Non faccio polemiche con Cossutta».

Ammetta: non vuole finire sotto Bertinotti.
«Rivendico un eccellente rapporto, anche personale, con Bertinotti. E le ricordo che prima delle Europee chiesi ufficialmente che si mettesse a capo del processo unitario. All’epoca, Cossutta si incavolò di brutto».

Non ha problemi con Bertinotti. Ma forse con Giordano e il gruppo dirigente: ve ne dite di tutti i colori.
«Non ho alcuna ambizione a guidare il processo unitario, siamo un piccolo partito e fortemente connotato. Voglio continuare a essere comunista, nessuno mi può chiedere di non esserlo più. Di quanto ha detto Giordano non mi ricordo: non è lui il nemico, ma Berlusconi».

Nemico o avversario?
«Nemico. Per questo chiedo a Giordano di non fare un governo assieme a lui. Il suo partito crollerebbe».

Già adesso non sta messo bene. Sicuro di non averci infilato uno zampino?
«La dialettica all’interno di Rifondazione è sotto gli occhi di tutti. Ma non metto zizzania nei partiti altrui».

La Cosa rossa è un abortino, il Pd vuole correre da solo. Studiate tecniche di suicidio di massa?
«A novembre Berlusconi fallì la spallata ed era politicamente finito, tanto che Casini e Fini lo mollarono. Veltroni con la più brillante delle operazioni ha scelto Berlusconi come interlocutore, resuscitandolo. Mi pare che ora il Pd voglia chiudere il cerchio: se va da solo consegna il Paese a Berlusconi».

Veltroni pensa a un «governissimo» dopo il voto.
«Non posso escluderlo, non me ne stupirei. Certo che imbarcare anche Fini sarà difficile...».

Berlusconi potrebbe sempre

scaricare An.
«Sì, il maggiordomo potrebbe accompagnare tutti alla porta. Ma in tal caso, qualche altro capo del Pd potrebbe accompagnare alla porta Veltroni...».

Diciamo D’Alema?
«Diciamo».

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