"The English Game" segna a porta vuota

"The English Game" segna a porta vuota

Neppure l'apocalittico più radicale avrebbe potuto prevedere, due mesi fa, che oggi ci saremmo trovati senza il campionato di calcio e le coppe europee. Gli avremmo riso in faccia e invece è andata così. A parziale (molto parziale) risarcimento, gli appassionati, soprattutto anglofili, possono consolarsi con la miniserie The English Game trasmessa in sei puntate su Netflix.

Pur romanzata, a tratti eccessivamente caricata, racconta la vera nascita e gli albori del calcio in Gran Bretagna. Merito o colpa di alcuni aristocratici che nel 1879 vogliono organizzare le diverse squadre in un unico torneo, la FA Cup, con regole precise seppur tendenzialmente a proprio vantaggio. Ne nasce così un conflitto più etico che sportivo: se gli Old Etonians rappresentano la classe agiata e nobile, che gioca con magliette celesti e pantaloni bianchi nel segno della sobrietà, la maggior parte dei team, come il Darwen, è di estrazione popolare, composta da lavoratori e subalterni, affamati di vittoria anche per la necessità di un riscatto sociale che solo uno sport egualitario come il calcio, dove contano la grinta e il talento oltre i denari, potrà consentire.

Il calcio, peraltro, si trasforma da dilettante in professionista: diventa cioè possibile farsi pagare per giocare a pallone. Al centro di The English Game c'è la vicenda dello scozzese Fergus Suter, primo calciatore professionista della storia, un piccolo attaccante con spiccato senso del gol e della tattica quando nessuno la applicava. Suo alter-ego è lord Arthur Kinnaird, nelle prime puntate sembra il tipico rampollo belloccio e viziato, poi si scoprirà ricco di un'umanità imprevista.

Scritta da Julian Fellowes, sceneggiatore di Downton Abbey, The English Game non celebra soltanto imprese sportive, per quanto lontane nel tempo, ed è infatti destinata a un pubblico ben più ampio che i soli tifosi. Anzi, partite se ne vedono davvero poche, a tutto vantaggio di digressioni storiche, drammi familiari, figli illegittimi, scontri di classe. Altro tema che appassiona noi orfani di pallone è quello dell'amicizia maschile, in grado di andare oltre i propri colori, che sempre ci commuove.

Alcune frasi sparse qua e là nella serie risultano veri e propri truismi da mandare a memoria. Il dialogo in camera da letto tra Arthur e la giovane sposa incinta: lui promette che con la nascita del figlio cambierà e smetterà di giocare, lei lo guarda teneramente e gli dice di non farlo e di conservare la sua passione. Ah, avercene di donne così.

Più avanti qualcuno afferma che il lavoro è importante, mettere in tavola un piatto per la famiglia anche, ma il calcio anche e dunque va lasciato al popolo. Ecco, ricordiamoci questo passaggio nel terribile 2020: la salute conta, eccome, ma restituiteci presto il calcio, una delle poche cose di cui non possiamo fare a meno.

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