Era ricercato da due anni il killer della lucciola cinese

Preso l’assassino della 46enne strangolata una settimana fa in un appartamento di via Cagliero

Ammazzata per essersi lamentata del «servizio». È questa la tragica fine di una prostituta cinese di 46 anni che la sera del 4 maggio aveva avuto da ridire per le prestazioni del suo factotum. Da lì la lite, la rissa e l’aggressione finita con lo strangolamento. E ieri, dopo una settimana, la polizia ha chiuso l’inchiesta arrestando un cinese clandestino. Scoprendo che era ricercato da due anni proprio per sfruttamento della prostituzione. Ora le indagini proseguiranno per capire se dietro all’assassino, reo confesso, ci sia un’organizzazione che provvede ad «assistere» le prostitute asiatiche. L’uomo infatti ha alle spalle una dozzine di denunce da parte di altrettante procure del nord Italia.
È infatti un ben strano quadro quelle emerso dalle indagini avviate da Francesco Messina, dirigente della mobile, e Salvatore Anania, capo della sezione criminalità straniera. Il racket della prostituzione sembra infatti aver cambiato atteggiamento. I nuovi sfruttatori infatti non usano più la violenza e l’omicidio per tenere in pugno povere schiave del sesso costrette a consegnare tutti i loro guadagni. Anzi. Le organizzazioni si stanno invece trasformando in una sorta di «società di servizi» che, ovviamente dietro profumato pagamento, garantiscono alle lucciole il viaggio in Italia, le case dove esercitare, le inserzioni sui giornali, i contatti, persino la spesa. Insomma assistenza tecnica e logistica
Proprio il compito che si era ritagliato Chai Junlai, 44 anni, a cui spettava il compito di seguire, forse insieme ad altre squillo, You Li. La donna adescava i clienti in via Tonale, due passi dalla stazione Centrale, per poi portarli nel vicino alloggio di via Cagliero 14. E a tutte le sue necessità spicciole, come detto, provvedeva Chai Junlai. O meglio avrebbe dovuto, perché domenica sera si presenta dalla donna la quale inizia subito a fargli una bella romanzina. Per il più banale dei motivi: ha scordato di portargli la spesa. La discussione degenera, i due arrivano alle mani, Chai Junlai perde la testa e la strozza. Il corpo dell’asiatica verrà ritrovato il giorno dopo dalla vicina che nota la porta aperta, entra in casa e fa la macabra scoperta.
Gli agenti interrogano gli amici della vittima, fino a quando un altro straniero, un cliente con cui si stava instaurando un rapporto affettuoso, non fa il nome di Junlai. L’uomo è da diversi anni regolare in Italia, almeno fino al 2006 quando incappa in un’inchiesta della procura di Verbania che spicca un mandato di cattura. Lui si rende uccel di bosco, non rinnova il permesso e diventa clandestino. Nei mesi successivi altre procure lo fanno entrare in 12 altrettante inchieste da Ravenna a Cuneo, da Mantova a Rovigo.
Brevi le ricerche: gli investigatori lo rintracciano sabato in via Teano, ancora coperto di graffi e lividi, segni della disperata difesa della povera You Li. Junlai cede subito, confessa e precisa anche l’elemento scatenante dell’aggressione.
Dopo l’interrogatorio avvenuto nella notte, il pm Letizia Mannella ha spedito in cella il cinese, ma adesso si aprono nuove prospettive alle indagini.

La inquirenti infatti dovranno cercare di chiarire se Junlai assisteva prostitute in una dozzina di province italiane o se, assai più probabile, era solo un «dipendente» della «società di servizi» che assiste una vasta rete di prostitute nell’intero nord Italia.

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