"Ero timido, ma la chitarra è uno scudo. Mi ha aiutato"

L'attore Cochi Ponzoni mercoledì al Blue Note con lo spettacolo dedicato al grande jazz di "Bird" Charlie Parker

"Ero timido, ma la chitarra è uno scudo. Mi ha aiutato"
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Fare musica col racconto, dare spazio alla musica raccontando. La prima pagina dello spartito che contiene la storia d'amore tra Cochi Ponzoni e il jazz risale a molto tempo fa. In un'altra Milano. «Avevo quindici anni, era la metà degli anni Cinquanta, la città pullulava di locali, la musica, la buona musica intendo, ti arrivava letteralmente addosso». L'attore milanese, che tutti ricordano per una parte importante (ma non esclusiva) della sua carriera accanto a Renato Pozzetto nella coppia leggendaria Cochi & Renato mercoledì 23 aprile (ore 20.30, biglietto 35 euro, info wwwbluenotemilano.com) è protagonista al Blue Note con uno spettacolo dedicato al grande saxofonista e padre del genere be bop Charlie Parker. Detto «Bird». E proprio Bird Lives si intitola questo viaggio che Cochi Ponzoni ha costruito insieme a un ensemble di provetti musicisti jazz.

Anni Cinquanta: il giovane Cochi si appassiona al jazz, mentre il rock'n'roll invade il mondo. Non è curioso?

«A me piaceva molto anche il rock'n'roll, figuriamoci. Ma la particolarità per Milano era che in città in quegli anni calavano davvero i più grandi del jazz. Giganti come Gerry Mulligan, Oscar Peterson, Dizzy Gillespie, Ella Fitzgerald. Si esibivano al Teatro Lirico e al Teatro Nuovo, per lo più».

E non mancavano gli italiani.

«Da Franco Cerri a Bruno De Filippi, da Pino Sacchetti a Enrico Intra, li si beccava al Derby, che all'inizio era un jazz club. Poi si sarebbe trasformato nel tempio del cabaret milanese».

E poi, come diceva, c'erano i locali, i club.

«Come il Capolinea. I big che ho appena citato, dopo il concerto ufficiale, ci andavano a suonare fino all'alba con amici musicisti anche improvvisati. Negli anni a seguire uno fu Enzo Jannacci, che era un eccellente pianista. Divenni suo amico e immaginatevi pure la scena: lui che fa jam session con Gerry Mulligan e Chet Baker».

Teatro e musica hanno sempre fatto parte del suo Dna.

«Fin da piccolo, nelle recite in parrocchia. Ero timido, poi capii che se mi facevo scudo con la chitarra tutto filava liscio. E poi naturalmente arrivò Renato: con lui in fondo facevamo jazz, perché improvvisavamo la nostra comicità. Facevamo con le parole ciò che i jazzisti facevano con le note».

Quando nasce l'amore per Charlie Parker?

«Tra vita disordinata e droghe Bird morì a soli 34 anni nel 1955, non ebbi modo dunque di vederlo dal vivo. Ma l'ho amato subito, leggendo anche di quando andava in Francia e i più grandi intellettuali e appassionati del tempo correvano a sentirlo».

Come è costruito lo spettacolo «Bird Lives»?

«In modo semplice, l'unico che possa onorare la musica di Parker. Io racconto aneddoti della sua vita, come quando da bambino, a Kansas City, Bird si appostava fuori dalle finestre delle case dove i jazzisti suonavano. Per scippare qualche idea. Recupero anche sue dichiarazioni. E poi la band guidata da Gabriele Comeglio al sax alto, con cui ho scritto lo spettacolo, esegue i brani più significativi di Bird, da Lover Man a My Little Suede Shoes, a Scrapple from the Apple. Comeglio è stato primo sax alto dell'Orchestra della Rai di Milano per tredici anni, ha diretto la Jazz Class Orchestra dei Pomeriggi Musicali, ha una sensibilità musicale straordinaria.

Voglio citare anche gli altri musicisti, che sono Claudio Angeleri al piano, Marco Esposito al basso e Federico Monti alla batteria. Dedichiamo lo spettacolo alla memoria del saxofonista Emilio Soana, che faceva parte della band e che ci ha lasciato a gennaio scorso».

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