Gli esperti in piazza a Berlino rispondono ai dubbi del mondo

Una tavola rotonda ha riunito 112 personaggi per chiarire le cento «domande del secolo» fra le oltre 50mila raccolte dagli organizzatori in tre anni

Salvo Mazzolini

da Berlino

Il luogo è pieno di suggestione. Bebelplatz, lungo l’Unter den Linden, il viale dei tigli, cuore della Berlino monumentale dove tutto evoca la grande cultura tedesca: l’università Humboldt dove insegnarono Hegel e Schopenhauer, la Staatsoper, il museo nazionale di storia, la bellissima chiesa di Santa Edvige. Ma è anche un luogo carico di brutti ricordi. Proprio in questa piazza nel ’38 i nazisti bruciarono montagne di libri in segno di disprezzo per la cultura. Sul punto dove avvenne il rogo c’è oggi un grande vuoto che sprofonda per alcuni metri nel terreno e in fondo al vuoto, illuminato giorno e notte da una luce gelida, si intravedono degli scaffali senza libri, senza nulla. Ai bordi una scritta profetica di Heinrich Heine: «Dove si bruciano i libri si finirà per bruciare gli uomini».
Ieri la Bebelplatz è stata la sede di un altro avvenimento straordinario. La più grande tavola rotonda della storia. Disposti intorno ad un tavolo gigantesco di trentotto metri di diametro, al centro della piazza, per nove ore centododici personalità provenienti da oltre cinquanta paesi hanno risposto a cento domande sul futuro dell’uomo, della società e del nostro pianeta. Un’iniziativa per sottolineare l’importanza del dialogo e della conoscenza in un luogo dove dialogo e conoscenza furono brutalmente soppressi. Promotrice della tavola rotonda, sponsorizzata da Allianz, il grande gruppo assicurativo tedesco, è un’organizzazione culturale americana non-profit, Dropping knowledge, che si propone di dare la parola a chi non ce l’ha, a quei tantissimi individui che vivono i mutamenti del nostro tempo ma non hanno la possibilità di far sentire la loro voce. «Soprattutto abbiamo voluto capire quali sono gli interessi della gente, le loro preoccupazioni, le aspettative», dice Ralf Schmerberg, regista tedesco autore di vari documentari sulle civiltà contemporanee e animatore del progetto.
E così per tre anni i ricercatori di Dropping knowledge hanno setacciato giornali, siti internet, talkshow tv, forum di ogni sorta raccogliendo ben cinquantamila domande poste dal pubblico di cui sono state poi selezionate le cento considerate più rappresentative. Eccone alcune. La religione divide o unisce? Cosa si deve intendere oggi per coraggio? In quali casi bisogna disubbidire alle leggi? Quali miti devono essere cancellati per migliorare il mondo? Perché non si trova una soluzione nel conflitto tra arabi ed ebrei? A chi giova il terrorismo? Come si vivrà nelle città del futuro? Perché è più facile trovare una Coca-Cola anziché un bicchiere d’acqua? Cosa possiamo imparare dall’Africa? Cosa ci sarà dopo il capitalismo? Perché l’America pur essendo il paese più democratico del mondo non è amata? L’uomo è destinato a fallire per il suo egoismo? A rispondere alle domande sono stati chiamati personaggi di varia provenienza. C’era il regista tedesco Wim Wenders, il fisico e filosofo Hans Peter Dürr, il cinese Harry Fu noto per le battaglie in difesa dei diritti umani nel suo paese, Bianca Jagger, moglie di Mick Jagger ma soprattutto bandiera delle lotte contro povertà e razzismo, lo scrittore Raymond Federman, il cabalista israeliano Michael Laitman, lo scrittore palestinese Kamal Boullata.
Unico italiano Oliviero Toscani, icona della comunicazione, tutt’altro che contento di essere il solo italiano invitato alla tavola rotonda. «È la prova di quanto poco in Italia si produca sul piano culturale e di quanto poco si dialoghi sulle cose serie». Soprattutto due domande hanno impressionato Toscani. C’è qualcosa di meglio della democrazia? Nella realtà di oggi contano di più i governi o le corporazioni? «Ma in realtà tutte le domande mi hanno colpito, perché tutte denotano un forte interesse a capire dove va il pianeta che però non vedo tra gli italiani». E le risposte? L’elenco completo sarà diffuso in Internet (www.droppingknowledge.org) solo in un secondo tempo perché la tavola rotonda si è inevitabilmente trasformata in una torre di Babele. Il risultato sono migliaia di risposte e seicento ore di materiale registrato.

Insomma un’immensa Hyde Park che però non si rivolge ai presenti preferendo diffondere il suo messaggio a tutto il pianeta attraverso la comunicazione elettronica come impone la realtà del nostro tempo. Una svolta clamorosa nella tormentata storia della Bebelplatz.

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