Potrebbe seguire uno schema a tre punte l'attacco iraniano, atteso a ore, contro Israele e pianificato da giorni dopo l'assassinio del leader di Hamas Haniyeh a Teheran (sostituito ufficialmente da Yahya Sinwar a capo dell'ufficio politico). Una prima sventagliata di razzi lanciati dal Libano verso Galilea e Golan; la cosiddetta piattaforma umanitaria nella Striscia di Gaza, utilizzata per consegnare aiuti ai palestinesi, ma che Hamas impiega per continue provocazioni nella zona; e la pioggia di missili (balistici e da crociera) su obiettivi civili e militari, con la regia di Jangaal, la nuova base iraniana per la guerra elettronica che affiancherà il centro di comando. L'Iran si prepara al tutto per tutto, potendo contare anche su sistemi di difesa forniti dalla Russia, ma con la «raccomandazione» di Mosca di scegliere una risposta moderata, sconsigliando di attaccare i civili israeliani.
Un messaggio che sarebbe stato inviato al governo di Teheran da Serghei Shoigu, in occasione della sua visita in Iran. La convinzione di Teheran è che la risposta all'assassinio del comandante Fuad Shukr non sia ancora arrivata, per cui tutti gli scenari sono possibili, così come sa bene il Mossad. Secondo il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant la cooperazione e il coordinamento militare con gli Stati Uniti sono fondamentali per contrastare un attacco di questo tipo. Per questa ragione il Dipartimento della Difesa americano ha reindirizzato il gruppo d'attacco della portaerei Uss Abraham Lincoln dal Pacifico in Medio Oriente, sostituendo la Uss Theodore Roosevelt. Con questa mossa il Pentagono ha inteso inviare nell'area critica incrociatori e cacciatorpediniere con capacità di difesa missilistica balistica, a cui il Segretario alla Difesa Lloyd Austin ha aggiunto un ulteriore squadrone di caccia. Una potenza di fuoco (e di difesa) oggettiva, che dovrà intervenire all'occorrenza, anche per ovviare a una possibile defaillance di risposta israeliana. Il riferimento è alle batterie Iron Dome, che per essere alimentate avrebbero bisogno di un sostegno esterno (gli Usa), anche perché in caso di un assalto totale da parte di Iran ed Hezbollah il sistema potrebbe andare in sofferenza.
La situazione è critica, come dimostrano le comunicazioni inviate dall'Iran ai propri diplomatici e la scelta di chiudere lo spazio aereo, con Lufthansa che per prima ha cancellato i voli per Beirut, Tel Aviv e Teheran. Ieri mattina cinque soldati israeliani sono rimasti feriti dal fuoco anticarro di Hamas, due dei quali in gravi condizioni e in diverse comunità iraniane nei pressi del confine risuonarono le sirene. Restate vicini ai rifugi antiaerei, intanto, viene consigliato ai residenti delle città del Nord vicino al confine con il Libano, mentre i caccia israeliani per ben due volte hanno rotto il muro del suono su Beirut, creando un forte boato: erano i momenti che precedevano il discorso di Nasrallah, in una partita a scacchi che si sta facendo sempre più complicata e dall'esito poco rassicurante, così come ha detto il Segretario di Stato americano Antony Blinken ai ministri degli Esteri del G7.
Il tutto mentre Joe Biden e Giorgia Meloni hanno avuto una conversazione telefonica con il re di Giordania Abdullah per discutere dell'emergenza a Gaza, mentre Blinken ha chiesto alle controparti egiziane e qatariote di potenziare il proprio ruolo di intermediari per lavorare ad un cessate il fuoco: «Tutte le parti devono astenersi dall'escalation», ha affermato.
Per cui nell'attesa che Teheran schiacci il pulsante dell'attacco, acquisiscono rilevanza due soggetti regionali esterni al conflitto, ma potenzialmente decisivi: la
Giordania e l'Egitto, su due posizioni agli antipodi. Il prima ha confermato il suo sostegno al blocco occidentale pro-Israele, mentre la seconda ha già detto pubblicamente che non aiuterà Israele a respingere un attacco.
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