Esponiamo il dito di Cattelan, ma per un giorno: il tempo che vale

Trovo francamente demenziale anche soltanto l’idea di piazzare permanentemente il dito medio di Maurizio Cattelan in un qualsiasi luogo di Milano o di qualunque altra città del mondo. Nulla contro Cattelan, che è un artista geniale. Tutto contro quel démi-monde con un po’ di soldi in tasca che si specchia nelle sue opere perché, non avendo in testa un’idea che sia una, cerca di giustificare la propria fortuna ostentando una spregiudicatezza, un’apertura mentale e un’originalità che non possiede. Secondo me, tutto questo è soltanto il fondo di un barile, e il fatto che se ne parli è segno che a Milano si ha, nonostante tutto, molto tempo da perdere.
Viceversa, io recupererei volentieri la provocazione di Cattelan in un altro modo. Trattandosi di un’opera effimera che rappresenta un mondo effimero, non ha senso trasformarla in qualcosa di definitivo (già l’Ago e Filo di Oldenburg in Piazza Cadorna sta invecchiando, toglietelo per favore!). Perché non trasformarla in un’esposizione a tempo? Il dito medio non è il David, non è destinato al possesso dei secoli: però cinque ore, un giorno, tre giorni li può possedere per sempre.
Per me mezza giornata sarebbe più che sufficiente: si prende il dito medio, lo si piazza davanti al palazzo della Borsa e per cinque ore quello diventa uno spettacolo mediatico. Chi filma, chi fotografa, chi se ne sta lì e guarda, si diverte, sfotte, applaude: ma solo in quel tempo lì. Pensata in questo modo, l’operazione acquisterebbe molta più forza, la forza degli eventi unici, perché è nell’ordine degli eventi unici che un’opera come questa può stabilire la propria definitività, sottraendosi alla vuotezza di ciò che rappresenta e parlando, sia pure per breve tempo, a tutta la città.
Il dito medio non ha tanto tempo per parlare a una città, e soprattutto a Milano. Poche ore (mia moglie dice: tre giorni), ma poi basta.
Un monumento (e il dito medio fa parte in ogni caso di questo tipo di opere) ha un modo tutto suo per possedere lo spazio nel quale si inscrive. Una statua equestre di Vittorio Emanuele ci può stare finché la parola «Italia» conserva un senso ufficialmente riconoscibile. Un monumento a Dante ci può stare finché esiste una sola persona che ritiene che la conoscenza della lingua italiana sia una cosa importante (quindi caro Dante hai i giorni contati).
Altri monumenti, invece, sono importanti per lo spazio che possono occupare nella testa dei cittadini. Occorre ricordare che, accanto a una città fisica, esiste la città mentale, quella che sta dentro ogni cittadino. È in questa città che bisogna collocare il dito medio di Cattelan.

Ci vuole un evento che obblighi una generazione a ricordare, tutte le volte che passa davanti al Palazzo della Borsa, quel dito medio che fu collocato quel tal giorno. Così ci ricorderemo che la Borsa ha distribuito abbondanza ma anche miseria, e che mandarla ogni tanto affanc... è un esercizio mentale molto salutare. Per tutti.

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