Washington - Il secondo mandato di Barack Obama alla guida degli Stati Uniti è cominciato ufficialmente ieri, pochi minuti prima di mezzogiorno. Circondato dai familiari, Obama ha prestato giuramento davanti al presidente della Corte Suprema John Roberts, poggiando la mano su una bibbia appartenuta alla famiglia di Michelle. La cerimonia si è svolta nella Blue Room della Casa Bianca, spesso usata per i ricevimenti, la stessa in cui il presidente Grover Cleveland sposò la giovane moglie Frances Folsom il 2 giugno 1886 e James Monroe sorseggiò the con i capi indiani di Great Plains. Il vicepresidente Joe Biden aveva giurato nella sua casa di Washington qualche ora prima, alle 8 di mattina, di fronte al giudice della Corte Suprema Sonya Sotomayor, posando la mano sinistra sulla bibbia di famiglia del Diciannovesimo secolo, la stessa che ha usato per ogni giuramento da quando fu eletto senatore nel 1973. In quel momento la first family assisteva alla funzione religiosa nella Metropolitan African Methodist Episcopal Church, dove il sermone si è concluso con il grido «Forward», lo slogan della campagna elettorale di Obama scandito dalla congregazione, a maggioranza afroamericana, con lo stesso impeto di quattro anni fa. Il giuramento presidenziale si è svolto dunque il 20 gennaio come stabilito dalla costituzione americana, ma essendo domenica la cerimonia pubblica è stata posticipata a oggi. Alle 10 il presidente sarà chiamato a confermare il suo giuramento sulle scale di Capitol Hill davanti a 800.000 persone. Obama non sarà il primo presidente a giurare due volte: stessa sorte era toccata anche a Ronald Reagan nel 1985, a Dwight Eisenhower nel 1957 e a Woodrow Wilson nel 1917, tutti costretti a prestare giuramento il 21 gennaio, che dal 1986 è diventato Martin Luther King Day. E proprio sulla bibbia in pelle nera appartenuta al leader del movimento per i diritti civili, ucciso a Memphis nel 1968, Obama poggerà oggi la mano per il via al suo secondo mandato.
Da quando il presidente è entrato per la prima volta alla Casa Bianca sono passati oltre mille giorni, spesi sotto gli occhi di una nazione che sta ancora cercando di tirare fuori dalle paludi di una crisi economica interminabile. Quattro anni fa Obama fu eletto cavalcando il desiderio di cambiamento del paese, oggi chi conosce a fondo la first family sostiene che a essere cambiati sono più Barack e Michelle. L'uomo che voleva cambiare Washington, scrive il New York Times, è la stessa persona che oggi ammette quanto sia difficile poter fare qualcosa nella capitale americana. In questi quattro anni gli Obama hanno perso la freschezza della novità, diventando più convenzionali e meno idealisti. Amici, donatori e membri dello staff hanno raccontato al quotidiano newyorkese come la first family diventata «più sicura, ma più segnata. Più isolata». In questi quattro anni, però, il presidente ha capito soprattutto come la presidenza sia determinata più da fattori esterni che da decisioni proprie. Eppure Obama non ha mai voluto essere un politico ordinario. Non ha mai invitato a cena il suo predecessore Bill Clinton e la moglie, il segretario di Stato Hillary, ma preferisce discutere di filosofia morale nei pranzi con il premio Nobel Elie Wiesel. Gli Obama hanno cominciato a sentirsi maggiormente a proprio agio nelle occasioni mondane, in quel confine sottile fra eventi politici e sociali, e anche i discorsi pubblici sono mutati. Le parole di un outsider sono diventate quelle di un ingranaggio politico ben inserito nel sistema della capitale: quando nel 2009 graziò il tacchino alla tradizionale cerimonia che precede il ringraziamento, il presidente esitò. «Ci sono giorni che mi ricordano perché mi sono candidato - disse - Altri in cui grazio un tacchino». Tre anni dopo ha graziato il tacchino allegramente.
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