Un altro caso dopo l'imposta sui Paperoni: i musei bocciano l'idea di bastonare i collezionisti

Non solo la scure sui Paperoni, perseguitati dalla supertassa al 75% e in vena di fughe all'estero (vedi Bernard Arnaud in cammino verso il Belgio). Ora anche i grandi collezionisti a rischio per la patrimoniale in salsa francese, che minaccia di spingere all'espatrio i proprietari di molti tesori di Francia. È bastato un emendamento socialista alla legge di bilancio, adottato dalla Commissione Finanze in Assemblea nazionale, a sollevare un nuovo polverone sulla persecuzione dei ricchi nell'era Hollande. Di mezzo la proposta di estendere anche ai capolavori artistici sopra i 50mila euro l'imposta di solidarietà sulla fortuna (Isf), che sarà applicata ai patrimoni superiori a 1,3 milioni di euro e dalla quale erano finora escluse le opere d'arte.
In un colpo solo, la gauche di governo in Francia ottiene almeno tre risultati. Per cominciare incassa la rivolta dei protagonisti del settore, autori di una lettera con richiesta di ritirata, indirizzata venerdì alla ministra della Cultura Aurélie Filippetti, dai responsabili dei sette «colossi» di Francia: i musei Louvre, Centre Pompidou, Biblioteca nazionale, Castello di Versailles, Museo d'Orsay, Quai Branly, Grand Palais, terrorizzati all'idea di assistere «alla sparizione di collezioni storiche, trasmesse di generazione in generazione» e preoccupatissimi che i collezionisti si rifiutino di prestare le opere, staccando la spina ad alcune esposizioni memorabili o finiscano per metterle in vendita. Secondo risultato: la proposta solleva un nuovo polverone sulle misure anti-ricchi di governo e presidenza, la prova di un disegno - annunciato e confermato dai protagonisti - per colpire chi ha di più, pur incassando poco, in tutto qualche milione di euro l'anno (250 euro l'anno per ogni tela posseduta da chi ha un patrimonio tra gli 800mila euro e 1,3 milioni; e 750 euro a tela per i patrimoni sopra i 10 milioni di euro). Infine la tassa sui capolavori finisce per rinfocolare le accuse di «dilettantismo» recapitate dalla destra Ump alla sinistra al potere, che sull'emendamento (già approvato in Commissione) si spacca proprio mentre in Parlamento inizia l'esame della legge di bilancio per il 2013. Nonostante il provvedimento sia stato depositato dal socialista Christian Eckert, relatore generale della Finanziaria in Assemblea, a unirsi alla rivolta dei musei sono i sindaci di sette grandi città nonché pesi massimi del partito, dalla - udite udite - segretaria del partito Martine Aubry (prima cittadina a Lille) al sindaco di Parigi Bertrand Delanoë. Come se non bastasse, il premier Jean-Marc Ayrault e la ministra Filippetti hanno rinnovato la propria opposizione alla misura mentre il portavoce dei deputati socialisti ha annunciato ieri, di tutta fretta, che il gruppo non voterà l'emendamento.
Molto rumore per nulla, pare. La misura - definita «grottesca» da Libération, che ieri all'argomento ha dedicato la copertina - potrebbe non vedere mai la luce. Una ritirata impietosa o peggio il segno della cacofonia della gauche. Il risultato è che l'allarme dei Paperoni di Francia cresce, anche per coloro che finora erano stati difesi dalla cosiddetta «eccezione culturale», che salvava il mondo dell'arte e della cultura dalle bastonature fiscali per difendere la ricchezza che fa grande l'immagine della Francia nel mondo. Ecco perché la tassa sull'arte - annunciata e di corsa boicottata - finisce per diventare un simbolo.

Perché si trasforma nell'ultimo esempio dell'Hollande pensiero - tassare, tassare, tassare - che rischia di provocare non solo un'emorragia di capitali, come sostengono gli imprenditori, ma di uccidere alcuni dei beni più preziosi di Francia: arte e creatività.

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