Il caso Boston Chi soffia sul fuoco

È il peggior incubo di un genitore quello di un figlio, un ragazzo che ama la musica e lo sport, che tutt'a un tratto cambia, ti guarda come un oggetto estraneo, ti prega di spegnere la radio se entra nella stanza mentre ascolti una canzone, non va più in palestra, ti risponde come a chi non può capire. Proprio così rispose a Ruslan Tsarni, suo zio, Tamerlan Tsarnaev, il più grande dei due fratelli terroristi di Boston: «Ho messo gli affari di Dio ad di sopra del lavoro e della scuola». Le memorie della radicalizzazione di Tamerlan riempiono ormai le pagine dei giornali, dal viaggio in Daghestan fino al giorno in cui fu buttato fuori dalla sua moschea perché sbraitava contro chi proponeva Martin Luther King come un esempio: «Non è musulmano», urlò. Molti ormai sono quelli che parlano della sua continua rabbia, di come lasciò la boxe in cui eccelleva, del modo in cui descriveva l'11 di settembre come un complotto americano, della necessità di abbattere quel potere con una santa Jihad che andasse in soccorso agli afghani e agli iracheni. Come è potuto capitare, si chiedono quelli che l'hanno conosciuto nella vita precedente? Comincia a apparire evidente che un ruolo fondamentale l'ha avuto un misterioso imam di nome Misha, uno di cui nessuno sa niente se non che è armeno: «Quando cominciava a parlare - dice lo zio - Tamerlan si zittiva e lo ascoltava, e il padre era sconvolto perchè il figlio non lo ascoltava più». Lo zio racconta che il fratello si confidò sull'angoscia che gli procurava il rapporto con Misha. Le mamme cercano sempre di compiacere i figli e questo le rende talora cieche. Nella vita di Tamerlan era intervenuto con Misha, l'imam della jihad, la fatale figura del «cattivo maestro» che lo avrebbe condotto fino all'attentato di Boston.
I «cattivi maestri» sono una merce molto comune non soltanto nel mondo islamico, dove la figura del maestro nella Madrassa disegna una tipologia ieratica e maestosa, di cui il torreggiante Bin Laden e l'ayatollah Khomeini sono gli archetipi. Da noi, le Università sono state la serra del terrorismo nostrano, a lungo personaggi dal ruolo accademico come il professor Toni Negri sono stati descritti come «cattivi maestri» di chi ha preso la via delle Brigate Rosse e di altri gruppi terroristi. L'assunto di fondo era l'oppressione del proletariato (cui gli studenti si assimilavano) da parte del capitalismo e dell'imperialismo. L'assunto rivoluzionario e che cambia le vite dei giovani (certo, non sempre per farne dei terroristi!) non è diverso a destra: essi spiegano ai giovani che vivono in un mondo schiacciato dalla menzogna, sfruttato da poteri imperialisti. Sventurato chi capita in mezzo a questo mucchio di fandonie che hanno frequenti occasioni anche in tv. I giovani che le adottano ne restano abbagliati e sognano, e possono praticare in segreto, una grande battaglia rivoluzionaria contro la perfida America o il potere degli ebrei.

I cattivi maestri sono narcisi che adorano la loro carica eversiva. Fra i più importanti, Noam Chomsky, un ebreo antisemita che dal suo scranno universitario negli Usa sbraita contro il potere americano e israeliano. Non è un caso che Beppe Grillo lo citi spesso. Chissà se l'ha mai letto.

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