Centinaia di clandestini assaltano la frontiera 14 morti in Spagna

La Guardia Civil accusata di aver sparato a Ceuta per fermare l'invasione di africani disperati

Centinaia di clandestini assaltano la frontiera 14 morti in Spagna

Quattordici morti, secondo la Guardia Civil. Anche se fino al tardo pomeriggio di ieri erano tredici le vittime accertate della tragedia consumatasi all'alba di giovedì. Quando, in massa, centinaia di migranti hanno tentato di oltrepassare il confine tra il territorio marocchino e Ceuta, una delle due città-enclave spagnole in Africa. Un perimetro di 8,2 chilometri, costruito con massi e filo spinato, che taglia in due la spiaggia di Tarajal e prosegue per alcuni metri fin dentro lo specchio d'acqua della baia. Proprio mentre aggiravano a nuoto l'«Espigón», quest'ultima parte della barriera alta sei metri, alcuni di loro hanno perso la vita. Ufficialmente affogati, ma la stampa spagnola non ha tardato a far notare che in quel punto il fondale non è molto profondo, con la bassa marea di giovedì l'acqua arrivava più o meno al collo di una persona di media altezza. Tra i testimoni c'è chi accusa gli agenti iberici che piantonavano il tracciato di aver sparato ad altezza uomo. Pallettoni di gomma e gas lacrimogeni, sostengono alcuni migranti e Ong locali, veri e propri colpi d'arma da fuoco, secondo altri: in ogni caso, dicono, è questo che ha gettato i fuggitivi nel panico, provocando la morte di alcuni di loro. «La Guardia Civil ha usato materiale "anti-disturbo" per difendersi dal lancio di pietre proveniente dai migranti», è la difesa del delegato del governo Francisco Antonio Gonzalez, secondo cui nessuno dei migranti è arrivato a toccare il suolo di Ceuta. Una ricostruzione clamorosamente smentita, nel tardo pomeriggio di ieri, da un video esclusivo della televisione La Sexta: si vedono otto migranti che arrivano sul lato spagnolo della spiaggia, e cercano, con difficoltà, di uscire dall'acqua, mentre gli agenti spagnoli gli si parano davanti, senza soccorrerli. I migranti, scriveva ieri il sito del quotidiano El Paìs, sarebbero poi stati riconsegnati alla gendarmeria marocchina, violando la norma che obbliga a portarli nel vicino centro di accoglienza temporaneo. Un episodio che sta sollevando polemiche: su richiesta del Psoe il ministro degli interni Jorge Fernández Díaz riferirà alla Moncloa sull'accaduto, mentre Izquierda Unida ne invoca le dimissioni.

E le organizzazioni che fanno capo al collettivo Migreurop España esigono una commissione parlamentare per far luce sulle pratiche di controllo ai confini di Ceuta e Melilla e monitorare i comportamenti della polizia lungo la frontiera. Da tempo, del resto, le politiche spagnole su quei fronti non sono certo permissive. Il muro di protezione di Melilla è lungo 12 chilometri. Fino a qualche anno fa era costituito da due reti metalliche, che nel 2005 il governo Zapatero aveva fatto alzare, aggiungendo sulla sommità filo spinato e lame affilate. Nel 2007, dopo che un migrante era morto tranciato dalle lame e le associazioni umanitarie avevano protestato, il premier socialista le aveva fatte rimuovere. Ma aveva previsto, in compenso, una terza rete metallica e un nuovo sistema di allarme. L'ultimo caso mortale prima di giovedì scorso risale invece al 19 settembre del 2009 quando, nei pressi dell'isolotto di Perejil, da tempo oggetto di contesa tra la sovranità spagnola e quella marocchina, otto persone (alcune erano donne, incinte) morirono per il naufragio di un'imbarcazione che trasportava 42 persone. Vi ricorda qualcosa? Sì, Lampedusa. Insomma, quello di ieri è solo l'ultima pagina di una storia vecchia. Ma il capitolo dei migranti morti e feriti ai confini di Ceuta e Melilla ha avuto, finora, meno attenzione politica e mediatica di quella riservata alla nostra isola tra l'Africa e la Sicilia.

Dove a morire, purtroppo, sono stati tanti, travolti però dalla furia del mare che ingoia bagnarole sovraffollate. Non affogati o dissanguati nel tentativo di superare barriere costruite da chi - destra o sinistra che sia - governa.

Twitter @giulianadevivo

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