I francesi soffrono dei nostri mali. Ma l'Ue li perdona

L’agenzia di rating S&P boccia l’azione di governo e declassa la Francia. La Commissione europea, però, la tratta con particolare benevolenza

I francesi soffrono dei nostri mali. Ma l'Ue li perdona

La Francia non si aspettava la riduzione del suo rating da parte di Standard & Poor's, il cui giudizio per altro è quanto mai chiaro: il governo di Hollande non sta facendo le riforme necessarie per rilanciare l'economia, mentre il peso della tassazione ostacola la crescita. Per ridurre il suo deficit di bilancio, superiore al 4%, la Francia avrebbe dovuto fare una coraggiosa riforma del sistema pensionistico delle pensioni e tagliare gli sprechi nel welfare. Invece sino ad ora ha fatto solo una modifica molto blanda nelle pensioni e Standard & Poor's aggiunge che la Francia dovrebbe riformare il mercato del lavoro, molto rigido. Ma sino ad ora anche in questo campo ha fatto assai poco. Così Parigi non riesce a riprendere la crescita, la disoccupazione supera l'11 %, l'export non tira abbastanza e la bilancia corrente dei pagamenti è in deficit.

La riduzione del rating ad AA è uno schiaffo per Parigi, perché l'allontana dalla Germania e dai paesi del Nord ad essa satelliti e l'avvicina a Spagna e Italia. Le somiglianze fra i nostri problemi e quelli francesi e fra le linee del governo di Parigi e di Roma attuali sono enormi. Sia l'uno che l'altro per quadrare il bilancio aumentano le imposte, anziché tagliare le spese, e si ostinano a non ritoccare il mercato del lavoro, facendovi liberalizzazioni, come quelle che hanno reso possibile alla Germania di tornare a crescere, diventando competitiva nell'export e riducendo la disoccupazione che ora è solo al 5,5%. Quando un Paese cresce è più facile ridurre le imposte, perché le spese pubbliche per loro natura rigide, come quelle per le pensioni, la giustizia e l'ordine pubblico tendono a diventare automaticamente una percentuale minore del Pil mentre si riducono le spese per i disoccupati. Ma c'è una specie di circolo vizioso, perché le alte imposte ostacolano la crescita. Quindi bisognerebbe moderare tributi, in particolare sulle imprese e le proprietà immobiliari, moderando le spese. La spesa pubblica francese è arrivata al 55-56% del Pil (4 punti sopra l'Italia) e il Ministro delle finanze francese Moscovici ha cercato di contenere il deficit con aumenti di imposte. Queste oramai superano il 50% del Pil ed è in atto una rivolta fiscale.

La Commissione europea, però, tratta la Francia con particolare benevolenza. Il Commissario Olli Rhen sostiene che essa è diversa dall'Italia perché ha un più basso debito pubblico e quindi merita lo sconto, riguardante il deficit di bilancio: ha diritto a tenerlo sopra il 3% per altri due anni, mentre noi non possiamo arrivare neanche al 3,1 se vogliamo tornare entro la procedura di inflazione, come sorvegliati speciali. Due pesi e due misure.

E ciò non è giusto. Abbiamo lo stesso malanno: una politica redistributiva, anziché produttiva, che dà luogo a una falsa socialità, con una filosofia economica completamente errata, che la sinistra continua a sostenere imperterrita.

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