Depardieu batte Hollande E la gauche medita vendetta

Depardieu batte Hollande E la gauche medita vendetta

Ormai è un corpo a corpo. Una battaglia tra due visioni del mondo, della politica e del futuro della Francia. Una sfida che si combatte non solo a colpi di idee, ma anche di numeri e soprattutto di simboli. L'affaire Depardieu - la decisione dell'attore di lasciare la Francia e di prendere un nuovo passaporto (belga?) per sfuggire alla scure fiscale della gauche di François Hollande - ieri si è arricchito di nuovi avvincenti spunti di discussione e scontro: un sondaggio per Le Figaro che racconta come la maggioranza dei francesi «comprenda» la fuga di Depardieu e una lettera al vetriolo inviata a Libération da Catherine Deneuve in difesa della star amica. In tutti e due i casi sono punti nel pallottoliere di «Gégé». Ai quali però il governo vuole rispondere con una linea ancora più dura sui super-ricchi, rispolverando una vecchia idea del «nemico» Sarkozy: aprire la caccia agli «espatriati fiscali» per tassarli sulla base della nazionalità e non della residenza.
È la prova che il caso Depardieu non smette di agitare Parigi e di animare il dibattito sul successo, sul denaro come ricompensa del talento, sulla libertà di goderselo o il dovere di rendere alla propria patria un pezzo della fortuna che ci si è conquistati. Una lotta fra destra e sinistra, ma non solo. La battaglia sta diventando guerra ora che di mezzo ci sono i Grandi, i giganti del cinema che hanno reso la Francia un brand internazionale quanto il foie gras. Così Catherine Deneuve e Brigitte Bardot sono scese in campo da una parte, quella di Depardieu, mentre l'attore comico Philippe Torreton combatte dall'altra, quella del governo socialista che insegue il sogno di togliere ai ricchi per dare ai poveri. Ideologia, insulti, vendette, risentimenti. E ieri l'ultima puntata di questa saga in cui il dibattito sul «patriottismo fiscale» dei ricchi sta coinvolgendo non solo i francesi ma l'intero palcoscenico mondiale. Ad animare gli spettatori, i numeri sfoderati dal Figaro: il 40% dei francesi «comprende» la decisione di Obélix di lasciare la Francia (mentre il 35% si dice invece choccato dalla sua scelta) e il 41% sostiene che il livello delle imposte dirette e indirette «è troppo alto e incita i più ricchi a lasciare il Paese». Più che il principio di tassare i ricchi, a cui si dicono favorevoli 8 francesi su 10, è il livello delle imposte a sembrare sproporzionato, tanto da giustificare la fuga di star e milionari. Poi c'è la polemica sui toni e gli argomenti usati contro Gégé. Che ieri ha visto scendere in campo un'icona come la Deneuve. L'attrice ha affidato a Libération poche righe, ma dense di «sincera delusione», per replicare all'attore Torreton che qualche giorno prima aveva accusato Depardieu di «abbandonare la nave in piena tempesta». «Con quale diritto, con quale preoccupazione democratica sembrate animare la vostra sporca vendetta?», scrive la star che accusa il collega di prendersela «con un uomo vacillante», «con il suo fisico e con il suo talento», mostrando di essere agitato «da quotidiana meschineria». «L'uomo - riferito ancora a Depardieu - è cupo ma l'attore è immenso» e «lei alla fine non esprime che tutto il suo rancore». Poi cita Voltaire: «Non sono d'accordo con le sue idee ma mi batterò fino alla morte perché le possa esprimerle». Di mezzo anche un affondo al premier Ayrault che aveva definito «meschina» la scelta di Gégé: «Parole ufficiali che non sono degne di un uomo di Stato».
La lista dei vip del cinema solidali è lunga. Da Fabrice Luchini a Jamel Debouzze. Fino all'altra icona, Brigitte Bardot, che difende la star: «Sostengo Depardieu, vittima di un accanimento estremamente ingiusto». E attacca Torreton, chiedendogli di «tenere il suo veleno, la sua volgarità e la sua gelosia per insultare chi ne vale la pena».
Parole che non spingono la gauche di Hollande a fare marcia indietro. Tutt'altro.

Il ministro del Bilancio Jérôme Cahuzac vuole rincorrere gli espatriati fiscali ovunque si trovino, tassandoli sulla base della nazionalità e rivendendo anche gli accordi fiscali con altri Paesi «per evitare che quelli che decidono di vivere fuori dalle nostre frontiere si esonerino dagli obblighi fiscali che hanno nei confronti del Paese in cui sono nati, cresciuti, sono stati educati, formati e hanno conosciuto la prosperità se non la fortuna». La guerra è appena cominciata.

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