Si sa ancora poco del virus Ebola, ma il vero problema è che non possediamo un vaccino adatto per spegnere la sua azione. Per questo motivo ieri l'Oms ha lanciato l'allarme e sono stati messi in allerta gli aeroporti europei, dove avvengono i principali scali degli aerei provenienti dall'Africa: Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona sono sotto stretta sorveglianza e chi atterra viene visitato e tenuto in osservazione. Analogamente, nel Continente Nero, molte compagnie aeree richiedono il certificato medico prima di avviare l'imbarco dei passeggeri. Il codice rosso arriva dopo gli eventi degli ultimi giorni in cui s'è visto un progressivo avanzamento della malattia dai villaggi africani alle grandi città, mentre di solito rimaneva circoscritto alle aree rurali. Dalle metropoli, dunque, potrebbe facilmente arrivare in altre parti del mondo. L'Oms dichiara che ci troviamo di fronte a un ceppo particolarmente aggressivo, letale nel 90% dei casi; più virulento, dunque, dei ceppi che lo hanno preceduto anni fa. Peraltro non esiste cura e in caso di infezione si può solo sperare nell'auto-guarigione.
«Un'esplosione virale fra le più difficili mai affrontate dall'uomo», dice Keiji Fukuda, vice-direttore generale dell'Oms, azzardando che l'epidemia potrebbe proseguire per quattro mesi. «Una situazione, in effetti, più pesante del solito», rivela Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano, «benché si conosca il virus dagli anni Settanta». I focolai originari sono stati individuati in Guinea e in Liberia, ma il virus è già stato identificato anche in aree urbane della Sierra Leone e del Senegal. Si sospettano attacchi anche in Mali e Ghana. Sono stati predisposti dei centri d'isolamento, per cercare di contenere la sua espansione, tuttavia in alcuni casi potrebbe già avere preso il largo. Ma gli esperti invitano alla calma, parlando di «prevenzione». «A oggi non c'è pericolo per Italia ed Europa», spiega Pregliasco, «tuttavia è necessario non abbassare la guardia». Fukuda ritiene che ci siano i presupposti per poter interrompere il contagio, partendo dalle più basilari misure igieniche, come lavarsi adeguatamente le mani. Di fatto, nessuno ha ancora parlato di «restrizioni ai viaggi o al commercio». Tutto prosegue regolarmente.
Ma preoccupano i dati. 167 casi in Guinea, con 107 morti, e 25 in Liberia, con undici vittime. E preoccupa l'agente patogeno, conclamato, lo Zaire ebolavirus, il più potente fra quelli riconducibili alla malattia, analizzato per la prima volta il 26 agosto 1976. È molto contagioso e viene trasmesso tramite fluidi corporei, come muco o sangue, ma anche attraverso le lacrime, l'urina, la saliva e il latte materno. Più dibattuto, invece, il rischio che possa essere veicolato dall'aria: il fenomeno è stato descritto per ora solo nelle scimmie. Ma è in ogni caso agli animali che si guarda, poiché è da essi che proviene. Gli studi dimostrano, infatti, che il virus sopravvive da tempo immemore nelle volpi volanti, chirotteri di grosse dimensioni che potrebbero averlo trasmesso ai primati. All'uomo sarebbe giunto tramite il cosiddetto «bush-meat», vale a dire il consumo di carne proveniente da animali selvatici come gli scimpanzé e le antilopi. Non è detto che la malattia insorga rapidamente.
In alcuni casi, infatti, i sintomi compaiono dopo venti giorni dall'infezione. E a volte viene scambiata per malaria, con inutili somministrazioni di farmaci. Diviene palese con le prime emorragie che caratterizzano la patologia, coinvolgendo tutte le aree dell'organismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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