L'arresto che imbarazza Lady Fmi

Fermato l'ex braccio destro del direttore del Fmi: lo scandalo Tapie sempre più ingombrante per la banchiera

L'arresto che imbarazza Lady Fmi

Un altro nome eccellente nella bufera. Un'altra ambitissima poltrona a rischio, come a rischio è l'immagine dell'intera Francia di fronte all'ennesimo capitolo giudiziario di una grande inchiesta che travolge leader politici e grandi manager e scomoda alla fine anche François Hollande. L'ultima tappa dell'affaireTapie sfiora ancora una volta direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde, ma colpisce di fatto il suo ex direttore di Gabinetto, Stéphane Richard, braccio destro negli anni tra il 2007 e il 2009 in cui la signora era ministro delle Finanze nel governo di centrodestra guidato fa François Fillon, sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy. Richard è stato fermato ieri dalla Guardia di Finanza e dovrà chiarire il suo ruolo nella decisione di ricorrere a un arbitrato nella disputa legale tra il milionario Bernard Tapie e il Crédit Lyonnais sulla vendita di Adidas. La decisione dell'ex ministro delle Finanze Lagarde di rivolgersi a un tribunale arbitrale invece che a uno ordinario favorì l'imprenditore Tapie - ex ministro di Mitterrand divenuto tuttavia in quegli anni sostenitore di Sarkozy - garantendogli 403 milioni di euro di risarcimento. Il sospetto degli inquirenti è che la scelta dell'arbitrato non sia stata casuale, così come il nome dei giudici che componevano il tribunale. Richard - che si dice svolgesse allora quasi funzioni da vicepremier - dovrà chiarire perché diede via libera all'arbitrato e dire se abbia ricevuto eventuali ordini dall'alto, cioè dalla Lagarde - attualmente non indagata ma messa «sotto tutela» dal tribunale come testimone informata dei fatti - o addirittura dall'Eliseo allora occupato da Sarkozy. L'ex braccio destro della Lagarde dice di non avere nulla da nascondere e la butta sul piano formale: non sono mai stato «detentore del potere politico». Ma gli inquirenti vogliono vederci più chiaro.

E fin qui la questione sembra una patata bollente, l'ennesima, nelle mani del centrodestra. Ma l'intrigo diventa affare di Stato che rischia di mettere nei guai anche Hollande perché Richard oggi è amministratore delegato del colosso della telefonia Orange (gruppo France Telecom di cui lo Stato possiede il 27% del capitale) e per salvare la faccia della nazione il presidente potrebbe correre in suo soccorso, difendendolo nonostante qualcuno (il duro della gauche e ministro degli Affari Produttivi Arnaud Montebourg) chieda già le dimissioni in caso di apertura di indagini. «Hollande mi ha assicurato che resterò al mio posto - spiega il manager -. La mia posizione personale nell'affaire Tapie non ha nulla a che vedere con le mie responsabilità alla guida di Orange. Se verrà aperto un fascicolo nei miei confronti, spetta solo al mio consiglio di amministrazione deliberare sul mio caso». Quanto basta per mettere in forte in imbarazzo il presidente, per nulla sfiorato dalla vicenda giudiziaria ma di fronte a un bivio come nel caso dell'ex ministro Cahuzac (pizzicato con conto all'estero in Svizzera e poi costretto a dimettersi): spingere perché venga fatta pulizia, mostrando che l'Eliseo ha cuore la piena trasparenza, o fare il garantista evitando terremoti rischiosi ma rischiando di passare per chi difende l'indifendibile? L'intreccio è degno dei migliori fascicoli giudiziari francesi e il paradosso è che per salvare il patron dell'azienda che fu un tempo monopolista delle telecomunicazioni si muova il leader della sinistra, un tempo suo feroce nemico politico. Perché di mezzo - lo ha ricordato Richard agitando un'arma minacciosa - c'è la paura (o il rischio, come lo chiama il manager) «di destabilizzare un gruppo con 170mila dipendenti nel mondo».

E allora eccolo Hollande che placa l'animo del pasionario di governo Montebourg: «Su Orange è difficile dire a Richard di dare le dimissioni - avrebbe detto un paio di settimane fa il capo dello Stato citato da Le Monde -. La buona abitudine è il rispetto della presunzione di innocenza per le persone ma l'adozione di procedure perché lo Stato salvi i propri interessi».

Come? Usando i tre rappresentanti dello Stato che siedono nel consiglio d'amministrazione, nel caso in cui si arrivasse a un voto sulle dimissioni. Un modo per rispettare la presunta innocenza, ma fare fuori Richard se fosse necessario.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica