New York - Dopo dodici anni passati sotto la gestione di Michael Bloomberg, per New York è arrivato il momento di voltare pagina ed eleggere il nuovo sindaco. Entrato in municipio nel 2001 e rieletto altre due volte, il primo cittadino ha mantenuto il pugno duro contro il crimine, puntando al tempo stesso sullo sviluppo tecnologico e sulle battaglie salutiste per lasciare la propria impronta sulla città. A New York Bloomberg non è amato, ma rispettato, e a fine anno, quando uscirà di scena, lascerà un'eredità pesante. Il nuovo sindaco sarà eletto a novembre, e giovedì scorso i candidati repubblicani e democratici sono saliti per la prima volta sullo stesso palco, affrontandosi in un doppio dibattito organizzato dal New York Observer e dalla 92Y, influente associazione ebraica dell'Upper East Side.
A sfidarsi sono stati prima i tre candidati repubblicani: Joe Lhota, austero ex capo della metropolitana di New York, John Catsimatidis, folkloristico miliardario di origine greca che ha fatto fortuna con la catena di supermercati Gristedes, e George McDonald, repubblicano vecchio stampo e fondatore del Doe Fund, organizzazione no profit che si occupa del reinserimento dei senzatetto. Più nutrito il fronte democratico, che contava invece su Christine Quinn, speaker democratico del consiglio comunale dal 2006 e grande favorita per la vittoria finale, Bill de Blasio, public advocate italoamericano, Bill Thompson, ex revisore dei conti sconfitto da Bloomberg nel 2009, John Liu, attuale revisore dei conti nato a Taiwan e cresciuto nel Queens, e Sal Albanese, ex consigliere comunale di Brooklyn nato in Calabria e arrivato a New York a otto anni.
In sala un migliaio di spettatori ha ascoltato gli aspiranti sindaci duellare senza mai affondare il colpo. Fuori, prima dell'inizio, venti persone hanno manifestato contro Christine Quinn, che ha annunciato la sua candidatura due settimane fa con una passeggiata attraverso i cinque quartieri di New York. Se fosse eletta, Quinn diverrebbe al tempo stesso il primo sindaco donna e il primo dichiaratamente omosessuale della città. È in vantaggio nei sondaggi e nella raccolta fondi, ma sulla sua candidatura pesa l'opposizione ai giorni di malattia retribuiti, proposta che stagna in consiglio comunale, e la vicinanza a Bloomberg.
Gli unici fischi della serata sono stati per lei, che ha difeso con fermezza il centro di smistamento rifiuti che dovrebbe essere costruito a cinque isolati dalla 92Y. «Potete fischiare quanto volete - ha risposto irritata - ma abbiamo bisogno di una città che si batte contro il razzismo ambientale. Dobbiamo smetterla di mandare i rifiuti nei quartieri più poveri». La presa di posizione di Quinn le ha fatto guadagnare anche qualche timido applauso, mentre i suoi compagni di partito si sono detti preoccupati dal centro di smistamento, tema portante del dibattito, ma non hanno saputo proporre alternative, come invece avevano fatto poco prima i repubblicani. «L'immondizia che esce da Manhattan va in New Jersey, e deve continuare ad andare in New Jersey», aveva affermato Lhota con sguardo severo, strappando risate e applausi.
Ex capo della Metropolitan Transportation Authority - un colosso aperto 24 ore su 24 con 34 linee, 468 stazioni e 368 chilometri di rotaie - Lhota ha un carattere spigoloso. Si definisce un repubblicano pratico, è a favore dei matrimoni omosessuali e dell'aborto e ammira Rudolph Giuliani, con cui lavorò dal 1994 al 2001. A ottobre ha saputo gestire con abilità l'emergenza Sandy, l'uragano che ha paralizzato New York e allagato i tunnel della metropolitana, rimettendo in moto il servizio a tempo di record. Prima di allora non era molto conosciuto, Sandy lo ha catapultato davanti alle telecamere spianandogli la strada verso il municipio.
Il suo punto di forza è però anche una debolezza: i newyorkesi, si sa, adorano lamentarsi della metropolitana.In una città che per ogni elettore repubblicano registrato ne conta sei democratici, ma che non elegge un sindaco liberal da 24 anni, Quinn e Lhota sembrano destinati a darsi battaglia fino al voto di novembre.
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