La nave perduta tra i ghiacci che pare un villaggio vacanze

Nessuno riesce a raggiungere l'Akademik Shokalskiy incastrata al Polo Sud. E l'equipaggio? Ride, scherza e manda foto a casa

La nave perduta tra i ghiacci che pare un villaggio vacanze

Non si sa se considerarla un'epica battaglia tra uomo e natura, l'ennesima dell'eterna lotta senza quartiere, oppure una caciarona crociera da cinepanettone, con tutti quei passeggeri che ridono e scherzano mandando foto a casa.

Certo i moderni mezzi di comunicazione ammosciano di molto la tensione del momento. Certo tracciare romantici paralleli con le epopee tragiche di Amundsen e soci è piuttosto forzato, data la valanga di tweet, di sms, di filmatini, di ciaomama e merrychristmas che a getto continuo arrivano da laggiù. Una certa Mary ha appena compiuto gli anni e ci tiene a far sapere che un compleanno così bello non le capiterà mai più. Sembra veramente sotto controllo, in un clima da eccitante gita parrocchiale, il malaugurato accidente che tiene bloccata nei paraggi dell'Antartide la nave russa Akademik Shokalskiy, in ghiacciaia come una teglia di lasagne nel surgelatore. I 74 umani intrappolati - tra ricercatori, marinai e semplici turisti - sembrano assaporare l'avventura dell'isolamento come un'occasione invidiabile e imperdibile, qualcosa che mai e poi mai avrebbero immaginato in questi tempi di indiscutibile efficientismo tecnologico.

Eppure.

Eppure dalla vigilia di Natale stanno lì, sulla nave che intendeva celebrare i cent'anni del coraggioso viaggio di Douglas Mawson, esploratore australiano, ma che una gelata più potente del previsto ha strizzato dentro i ghiacci, senza possibilità di andare avanti e tanto meno indietro.

Eppure da giorni i soccorsi stanno cercando in tutti i modi di tirarli fuori dal surgelatore, peraltro senza risultati apprezzabili: venerdì il rompighiaccio cinese Xue Long è arrivato a 9 chilometri dall'obiettivo, salvo doversi subito ritirare per non fare la stessa fine lanciando a sua volta un poco trionfale Sos, sabato analoga umiliazione è toccata al rompighiaccio francese Astrolabe.

Eppure, nonostante l'esibito ottimismo, solamente un elicottero finora è riuscito ad avvicinare la nave ostaggio, ma grazie a una gentile concessione del meteo, avversario talmente talentuoso e sicuro di sè da potersi tranquillamente permettere un elegante fair-play.

Eppure adesso sono tutti in febbrile attesa che arrivi sul posto il terzo rompighiaccio (ma cosa diavolo rompono, se alla fine devono sempre scappare indietro?), questa volta australiano, il potentissimo Aurora, in loco nelle prime ore di questa mattina (italiana). Dopo, non ci resta che Batman.

Vista da qui, la vicenda si presenta indubbiamente molto interessante. Personalmente, già l'idea che ancora oggi un imprevisto meteo possa mandare a rotoli tutta la sicumera dei calcoli e delle previsioni scientifiche mi diverte e mi consola. Così, tanto per dimostrare ai saccenti tecnocrati in odore di infallibilità che alla natura basta un niente per metterli a sedere e sprofondarli nel ridicolo.

Fortunatamente il dramma non è abbastanza drammatico, quanto meno non lo è al punto da precipitarci nell'ansia e nella pena, tipo quelle volte dei sottomarini atomici a picco sul fondo del mare con dentro un discreto numero di giovani militari. Non è questo il caso, a quanto sembra. Sulla nave ci sono viveri e riscaldamento per andare avanti un altro bel po' di tempo. Quanto al morale, nemmeno il caso di dubitare: «Ciao mamma, ciao papà: qui è assolutamente spettacolare», dice in videomessaggio l'eccitata Nicole De Losa. E dopo tutto, nonostante gli insuccessi e le mortificazioni dei soccorsi, permane un palpabile ottimismo, una discreta certezza che da un momento all'altro - magari con l'intervento degli elicotteri - la grande avventura si risolva con il lieto fine, tutti a casa e una pila di foto da mostrare ai poveracci del parentado.

C'è un sacco di gente mobilitata e un sacco di esperti che stanno studiando il da farsi, questa la verità. Si direbbe che i 74 stoccafissi siano in buone mani.

Eppure.

Eppure, nonostante tutti i calcoli e tutti gli algoritmi, nelle ultime ore sta prendendo corpo un'imprevista speranza, questa completamente svincolata dai nostri sofisticati rimedi: da un'attenta osservazione ad occhio, l'equipaggio giurerebbe che il ghiaccio stia volontariamente allentando la presa. «Wow, si nota qualche ammorbidimento, stanno comparendo alcune crepe», annunciano con gioia dall'inferno freddo. É una soluzione perfetta. Tutti a fare il tifo, forza ghiaccio, mettiti la mano sul cuore, facci strada e lasciaci andare.

Cent'anni dopo Amundsen, con tutta la boria che abbiamo montato nel frattempo, ci ritroviamo ancora qui in ginocchio a chiedere pietà. Dipendiamo dalla natura. Siamo in balìa della natura. Anche se non suona del tutto nuova, dai ghiacci antartici arriva una grande scoperta dell'umanità.

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