New York - Negli Stati Uniti si sta scrivendo il futuro dei matrimoni omosessuali. I nove giudici della Corte Suprema hanno esaminato negli ultimi due giorni i ricorsi presentati contro due leggi estremamente controverse: la Proposition 8, una legge costituzionale della California che vieta alle coppie omosessuali di sposarsi, e il Defense of Marriage Act, la legge approvata nel 1996 che impedisce al governo federale di riconoscere i matrimoni fra persone dello stesso sesso celebrati in nove Stati americani e nella capitale.
Fra il pubblico in aula per queste due giornate storiche era presente anche Jean Podrasky, cugina lesbica del presidente della Corte John Roberts, giudice di area conservatrice nominato da George W. Bush. Per Podrasky, che ha 48 anni e vive a San Francisco, la questione è strettamente personale: dopo quattro anni di fidanzamento vorrebbe sposare la propria partner Grace, ma potrà farlo solo se la Prop 8 verrà dichiarata incostituzionale.
I diritti degli omosessuali stanno dunque diventando anche una questione famigliare per la pubblica amministrazione americana. Due settimane fa il senatore repubblicano dell'Ohio Rob Portman, a lungo nella shortlist di Mitt Romney per la vicepresidenza, ha dichiarato di non potersi più opporre ai matrimoni fra persone dello stesso sesso, ma di volere che suo figlio Will, omosessuale, possa sposarsi come tutti gli altri. Prima dell'annuncio Portman si è confidato con numerose persone, fra cui l'ex vicepresidente Dick Cheney, che prima di lui, nel giugno 2009, dichiarò il proprio sostegno alle unioni omosessuali per amore della figlia lesbica Mary. «Segui il tuo cuore», gli ha suggerito Cheney.
Quella di Portman è però soprattutto una mossa politica. Il senatore ha cavalcato un sentimento diffuso fra molti conservatori americani, che dopo la sconfitta alle elezioni di novembre hanno deciso di prendere le distanze dalle visioni radicali dei Tea Party nel tentativo di riconquistare la popolazione moderata: una corrente che un mese fa ha portato 75 esponenti repubblicani a firmare una lettera in favore dei matrimoni omosessuali, in aperta sfida allo speaker repubblicano della Camera John Boehner.
Ora la Corte Suprema sarà chiamata a decidere sulla costituzionalità delle due leggi. La Prop 8, discussa martedì, è entrata in vigore con un referendum nel novembre 2008. A presentare il ricorso sono state Kristin Perry e Sandy Stier, due donne che si sono sposate nel 2004 e insieme hanno cresciuto quattro figli. Quando il loro matrimonio è stato annullato dai tribunali statali la coppia ha cominciato la propria battaglia, sostenendo che la Prop 8 non renda gli omosessuali uguali davanti alla legge.
Diverso il caso per il «Doma». Approvata nel settembre del 1996 durante l'amministrazione Clinton, la legge sostiene che nessuno Stato americano è obbligato a riconoscere i matrimoni fra persone dello stesso sesso celebrati in altri Stati e nella sezione 3, la più controversa, nega alle coppie omosessuali diritti e benefit a livello federale, dalla previdenza sociale all'immigrazione, fino alle dichiarazioni dei redditi congiunte. È stata un'altra donna, Edith Windor, ad appellarsi contro la legge: nel 2009, alla morte della moglie Thea, si ritrovò a pagare 363mila dollari in tasse di successione federali, una cifra che non avrebbe dovuto sborsare se il suo matrimonio fosse stato equiparato a uno fra persone di sesso opposto.
Le decisioni della Corte, previste per fine giugno, saranno come sempre in mano ai due giudici conservatori moderati della Corte, il chief justice Roberts e soprattutto il giudice Anthony Kennedy, che durante le udienze ha dato l'impressione di trovarsi molto vicino alle posizioni dei
quattro colleghi democratici. Sulle sentenze peserà anche l'impegno di Barack Obama, che lo scorso maggio è diventato il primo presidente a schierarsi ufficialmente a favore delle nozze gay, guidando la svolta di un'intera nazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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