Obama all'Europa: "La vostra libertà non è garantita"

Il presidente Usa chiama gli alleati a svegliarsi e all'Ucraina dice: "Siamo con voi". Ma si muove in ritardo rispetto a Putin

Obama all'Europa: "La vostra libertà non è garantita"

È una specialità del presidente Obama il reset continuo per altro spesso basato sulla parola «vibrante»: l'Ucraina, ha detto Barack Obama incontrando a Varsavia l'omologo eletto dall'Ucraina Petro Poroshenko, che proprio domani assumerà l'incarico, sarà una vibrante democrazia se l'America le sta dietro, e lo farà, ha promesso. Poi, ha enunciato il suo avvertimento alla Russia festeggiando i suoi 25 anni dalle prime elezioni libere dal comunismo. Ha avvertito Putin, il convitato di pietra di questo G7 da cui è escluso e in cui si parla solo di lui: ogni partner della Nato sarà protetto, la Polonia non sarà sola, e non solo la Polonia, ma anche la Lituania, la Lettonia, la Romania. Queste non sono parole» ha aggiunto. Dopo tutto è il presidente degli Usa. Ma l'attacco del discorso è sembrato chiamare gli alleati europei a svegliarsi, a tornare al progetto di un esercito unico o di finanziare la Nato in agonia: «La libertà non è garantita in Europa». Come dire: non ve ne accorgete?

Per la verità proprio quando gli Usa avevano appena esposto il reset della politica verso la Russia, uno dei centri della politica estera di Obama, due dozzine di politici di primo piano dell'Europa centrale e orientale gli scrissero perché intervenisse l'invasione russa della Georgia: «C'è nervosismo nelle nostre capitali - diceva la lettera - la Nato appare più debole» perché «la Russia persegue un'agenda adatta al 19esimo secolo». Obama lasciò perdere. L'Europa chiese di intervenire, ma Obama non rispose ancora una volta, e in molti la sensazione oggi è che il messaggio sia troppo tardo per essere funzionale, e anche troppo contrastante col discorso di West Point, in cui Obama si pregia di rifiutare l'uso dell'esercito, umiliando gli uomini ai suoi ordini e accumunando in un'accusa pretestuosa quanti a volte sono purtroppo costretti a usarlo per mancanza di alternative possibili.

Se Obama, cinque anni fa, si fosse fatto avanti, forse oggi Putin non sarebbe così spavaldo e deciso. E se Obama non abbracciasse continuamente cause che nelle sue mani sembrano avvizzire, come quella dei Fratelli Musulmani in Egitto, o Erdogan in Turchia, o adesso, ultima sorpresa stupefacente dopo che nel 2008 aveva dichiarato che mai avrebbe parlato con Hamas, la decisione di sostenere il governo palestinese di cui l'organizazione terrorista è parte, il mondo sarebbe più stabile e giusto. Più di tutto, brucia che sia derivata da un accordo con Putin la decisione di Obama di rinunciare a rispettare la sua «linea rossa» che prometteva aiuto militare ai ribelli siriani quando Assad avesse usato le armi chimiche. La sua rinuncia ha portato a un ulteriore uso delle armi chimiche a alla grottesca rielezione di Assad come presidente. Di fatto, anche stavolta, l'incontro di Obama con i leader europei è rimasto chiuso agli aspiranti come la Moldova, la Georgia, e l'Ucraina. Obama ha deciso di non visitarla e non ha mai promesso naturalmente nessun aiuto militare.

Le uniche armi sono le parole, per esempio quelle di una bozza del comunicato finale del G7,che dichiara «inaccettabile» l'azione della Russia in Ucraina, e si dice pronto a «intensificare azioni mirate». Insomma, per ora Putin è concretamente minacciato dalle sanzioni della Merkel.

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