Ora il "Nichi Vendola" di Francia fa tremare Hollande e i moderati

Jean-Luc Mélenchon, candidato del Front de gauche, fa sognare i nostalgici comunisti. E le voci di declassamento di Parigi rischiano di affossare Sarkò

Ora il "Nichi Vendola" di Francia fa tremare Hollande e i moderati

Allons enfants de la patrie, il giorno di gloria sembra sempre più vicino per la sinistra francese. Saranno quarantott’ore cruciali per la gauche a digiuno di Eliseo dal lontano 1995. Due giorni decisivi non solo per i socialisti che vedono in Hollande il perfetto anti-Sarkò, ma anche per il folto popolo di comunisti, trotskisti, ex trotskisti, no-global e anticapitalisti di Francia che sperano nella rivincita della sinistra della sinistra: il terzo posto del «rivoluzionario» di questa campagna, il candidato presidente del Front de gauche Jean-Luc Mélenchon, che nell’ultimo mese e mezzo di campagna è passato dall’8% al 14%, testa a testa con la leader dell’estrema destra Marine Le Pen.
Nell’elezione della sperata o temuta «sorpresa» - la parola più usata e abusata di questa campagna appesa a sondaggi incerti, astensione preoccupante e indecisione altissima (30%) - dopo Sarkozy convinto che i francesi gli riserveranno «una bella sorpresa», dopo Hollande timoroso di incassare «la brutta sorpresa del 2002», dopo Marine Le Pen che pretende di «essere la sorpresa» del voto di domenica, i nostalgici comunisti e l’estrema sinistra che mal sopporta i toni moderati di Hollande contano sulla sublime sorpresa del trionfo del «Nichi Vendola» di Francia. Che ieri, di fronte a 70mila sostenitori, ha annunciato la sua sorpresa: «Vittoria della rivoluzione dei cittadini».
Un trionfo per l’uomo che - parole di Pascal Perrineau, direttore del centro di ricerche politiche di Sciences Po - «ha risvegliato il complesso di quella frangia di elettorato socialista che ha paura di non essere abbastanza a sinistra». E che ha già costretto Hollande a promettere che «governerà a sinistra», che «non ci sarà apertura» perché io «sono socialista, sono di sinistra e governerò con la sinistra», costringendo il favorito di questa campagna a muoversi verso gli estremi piuttosto che verso il centro di François Bayrou («il mio primo ministro sarà socialista», ha promesso ancora Hollande).
Rivoluzionario della prima ora - nel ’68 era il leader della protesta dei liceali di Lons-le-Saunier, la città patria di Rouget de Lisle, autore della Marsigliese - questo sessantenne amante delle citazioni colte, cresciuto a pane e comunismo - era iscritto all’Organizzazione comunista internazionalista - uomo col pallino della «rivoluzione» - quella del 1789 - amante delle citazioni colte e folgorato dal primo incontro con Mitterand - «mi ha aperto gli occhi. Per la prima volta ho sentito un oratore osare fare un collegamento tra una filosofia di vita e un’analisi economica - ha sempre avuto col Partito socialista - al quale ha aderito proprio dopo l’incontro con Mitterand e che lo ha portato al ministero della Formazione professionale con Jospin nel 2000 - un rapporto di amore-odio. E ora rischia di essere lui la speranza e l’insidia della sinistra, di certo l’incubo dei mercati e di quei moderati che al ballottaggio potrebbero fuggire da Hollande proprio per scappare da Mélenchon.
Rimborso totale delle spese sanitarie, tassazione al 100% per chi guadagna oltre 30mila euro al mese, regolarizzazione di 800mila precari del settore pubblico, costruzione di 200mila alloggi popolari all’anno, aumento a 1.700 euro lordi del salario minimo garantito, ritorno al pensionamento a 60 anni, regolarizzazione dei sans papier, passaggio a una Sesta Repubblica parlamentare, ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan, uscita dalla Nato, riconoscimento dello Stato palestinese sono solo alcuni dei punti del suo programma che ha folgorato molti intellettuali di Francia ma fa venire l’orticaria ad altrettanti economisti convinti che se Hollande sarà costretto a fare i conti con il terzo incomodo Mélenchon, il suo programma - già considerato insostenibile dal punto di vista dei conti dello Stato - rischia di portare la Francia più alla catastrofe che alla rivoluzione. Ieri la paura di un ulteriore declassamento del rating francese - confermata da uno studio di Citigroup - ha mandato giù le Borse europee e fatto tremare la Francia (e Sarkò).
Ma lui, Mélenchon «il rosso», tira dritto per la sua strada. E tiene duro nei sondaggi.

Ieri l’ultimo lo dava al 15% contro il 15,5% di Marine Le Pen, il 26,5% di Sarkò e il 27% di Hollande. Così il candidato del Front de gauche insidia tutti. Austerity contro crescita, rigore contro «felicità». E il sogno della rivoluzione che risveglia i francesi.

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