Lo chiamano referendum, ma è solo il prologo all'investitura di un nuovo Faraone. La nuova costituzione e il volto del generale Abdel Fata Al Sisi, che da sabato annuncia di esser pronto a candidarsi alla presidenza, sono le due facce della stessa medaglia. Una medaglia coniata per salutare l'imminente salita al potere di un nuovo Mubarak e la cancellazione dalla scena politica egiziana dei Fratelli Musulmani. Di mezzo potrebbe obbiettare qualcuno c'è il risultato delle urne. In verità nel voto degli egiziani chiamati a dire «si» o «no» alla nuova legge fondamentale c'è ben poco spazio per incognite e sorprese. Dopo tre anni di caos segnati da una rivoluzione incompiuta, dalla svolta islamista del presidente Morsi e dal golpe militare del generale Sisi l'Egitto ha solo una grande voglia di restaurazione.
Oggi, stando ai sondaggi, sette egiziani su dieci preferiscono il potere dei generali alle promesse di qualsiasi altro gruppo politico anche se un buon quarto della popolazione continua ad invocare una giurisprudenza basata sulla sharia, la legge islamica. Comunque nessun problema. La costituzione per cui si è votato ieri, e si continuerà a votare ancora oggi, è una «carta» per tutte le stagioni. Il suo articolo 2 continua a definire la sharia unica fonte d'ispirazione del diritto esattamente come raccomandava la «carta» approvata durante il mandato del deposto presidente Morsi e dei Fratelli Musulmani. Nella nuova versione, approvata da un comitato di 50 saggi di cui solo due, però, designati dai partiti islamisti, manca l'articolo 219 indispensabile per l'applicazione concreta della legge islamica. La nuova bozza ribadisce, inoltre, l'assoluta libertà di fede. Il legame indissolubile tra legislazione e Corano diventa così assolutamente labile e virtuale.
E ad assicurare la laicità del nuovo testo s'aggiunge l'articolo che sancisce la parità tra uomo e donna negata dalla precedente versione firmata dai Fratelli Musulmani. Dunque tutto come prima. Tutto come quando il potere era Mubarak e la rivoluzione e i Fratelli Musulmani erano solo un'ipotesi. Con la differenza che tre anni non si cancellano con un tratto di penna o con un voto. E neppure con le migliaia di arresti e detenzioni che fanno da cornice a questo referendum. Per quanto esautorati, criminalizzati e perseguitati i Fratelli Musulmani continuano a rappresentare una minaccia presente e palpabile. Lo prova il bilancio di otto morti registrato ieri sera al termine degli scontri registrati al Cairo e in varie altre città egiziane. Un bilancio destinato probabilmente a salire nelle ore notturne. Ma lo dimostra anche il dispiegamento di decine di migliaia di poliziotti e militari indispensabile per impedire che il boicottaggio della Fratellanza Musulmana si trasformi in assalti alle urne e ai votanti.
Il tutto in una cornice surreale dove i convogli militari chiamati a garantire la sicurezza diventano, talvolta, strumenti di propaganda per incoraggiare i votanti a seguire la linea dei generali. Testimoni citati da fonti di stampa egiziane raccontano di aver sentito gli altoparlanti di un elicottero incoraggiare apertamente il «si» alla costituzione. I filmati arrivati dal Cairo mostrano invece alcuni blindati decorati con il volto di Sisi. Del resto come stupirsi.
Gli unici articoli rimasti immutati nella Costituzione di Mubarak, in quella di Morsi e nella bozza sottoposta a referendum ieri sono quelli che escludono qualsiasi controllo governativo sui bilanci dei militari. Come dire la chiamavano rivoluzione, ma è stata solo un'illusione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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