Sarkò scrive ai francesi: "Basta soldi a Bruxelles sacrifici pure per loro"

Il presidente batte sul tasto dell’antieuropeismo. "E se vinco, pareggio di bilancio obbligatorio"

Sarkò scrive ai francesi:  "Basta soldi a Bruxelles  sacrifici pure per loro"

Ruba a Marine Le Pen il suo cavallo di battaglia, gioca la carta anti-europeista, fomenta la spauracchio del «massacro fiscale» che si troverebbe di fronte la Francia in caso di vittoria del rivale socialista François Hollande, insistendo sul suo ruolo di uomo giusto per la crisi, e poi liquida i sondaggi - tutti - che lo danno perdente al secondo turno (47% a 53%) con un’uscita da politico navigato: «Voglio farvi una confessione. Nel 2007, al secondo turno, avevo preparato due discorsi. Uno nel caso avessi vinto e l’altro nel caso avessi perso. Perché conosco troppo i francesi. E i sondaggisti».

Sembra in forma Nicolas Sarkozy. E di certo ha ritrovato la tempra della prima campagna elettorale, con gli «inaffidabili» sondaggi che lo vedono avanzare al primo turno (28,5% contro il 26% di Hollande). A 17 giorni dalla prova del fuoco, il voto per l’Eliseo, il presidente-candidato sfodera in un’ora e mezza di one-man show il suo programma - 32 punti, molti dei quali già annunciati nelle scorse settimane - e investe molto, o quasi tutto, sul «rigore» dei conti pubblici contro il «festival di nuove spese» promosso da Hollande, garantendo il taglio di 75 miliardi di euro di spesa pubblica e il pareggio di bilancio - «un imperativo assoluto» - entro il 2016, anche grazie a 40 miliardi di nuove entrate e all’aumento dell’Iva dal 19,6 al 21,2%.

Trentadue punti che il presidente ha deciso di mettere nero su bianco in una lettera aperta ai francesi - 34 pagine in tutto - che sarà distribuita a 6 milioni di elettori, come fece - gli ricordano maliziosamente i giornalisti in conferenza stampa - il socialista Mitterand, modello del rivale Hollande, nell’ormai lontano ’88.
Ma è proprio sui temi europei che il candidato-presidente regala qualche sorpresa per sottrarre terreno alla sua spina nel fianco, la leader del Front National Marine Le Pen, che proprio sulla partecipazione contributiva della Francia all’Europa ha raccolto grandi consensi. Se sarò rieletto - promette Sarkò - chiederò il congelamento del contributo che Parigi versa ogni anno all’Unione europea, ad oggi il 7% delle entrare di Bruxelles, di cui la Francia è secondo contribuente dopo la Germania.

«Ci permetterà di risparmiare 600 milioni di euro l’anno», spiega il presidente, che in un’altra mossa populista e anti-Le Pen punta il dito sugli aumenti di stipendio del 7% dei funzionari di Bruxelles nel 2008 e 2009 «mentre gli Stati affrontano difficili misure di risparmio».

I conti e l’economia sono il suo pallino, nonostante sul piatto ci siano anche la riduzione del 10% dei membri dell’Assemblea nazionale, il dimezzamento a circa 100mila l’anno degli immigrati ammessi nel Paese e un’azione per intervenire sul costo delle patenti di guida, troppo necessarie in tempi di crisi ma anche troppo esose (circa 1.500 euro).

Il presidente-candidato vuole presentarsi come l’uomo che ha tenuto il timone nell’Europa in piena crisi, evitando le derive di Spagna e Grecia, il capo di Stato che non guarda solo a Bruxelles e alla Germania («in democrazia non c’è nulla di più bello che l’amore per il nostro Paese») e il politico che terrà d’occhio i conti pubblici, con un’imposta sui grandi gruppi e una sugli «esiliati fiscali», i francesi che scappano all’estero per pagare meno tasse.

Così mentre il candidato socialista Hollande annuncia di voler riportare l’età pensionabile a 60 anni, Sarkò grida al suicidio economico ma poi non può fare a meno di scendere sullo stesso terreno e annunciare il versamento al primo del mese invece che all’8 di 15 milioni di pensioni a partire dal primo luglio. Funzionerà?

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