New York al voto anche per sfidare Las Vegas

Oltre all'elezione del sindaco referendum per aprire sette case da gioco

New York al voto anche per sfidare Las Vegas

Non solo sindaco, ci sono anche i casinò. Gli elettori di New York, chiamati domani alle urne per scegliere il successore di Michael Bloomberg, decideranno anche nello stesso giorno - insieme con i concittadini di tutto lo Stato - se scommettere (è davvero il caso di dirlo) sulle case da gioco per riequilibrare i conti pubblici.

New York come Las Vegas? Qualcosa del genere. Per sciogliere il dubbio gli elettori dovranno rispondere al quesito referendario che prevede un emendamento alla Costituzione, che attualmente proibisce l'apertura dei casinò. Intenzione del governatore Andrew Cuomo è di inaugurarne sette, convinto com'è che le casse dello Stato se ne gioverebbero in maniera decisiva. I newyorkesi, argomenta il figlio del famoso ex governatore democratico Mario Cuomo, già sono ampiamente abituati a frequentare le case da gioco, ma sono costretti a recarsi in altri Stati per dare sfogo alla loro passione: ad esempio ad Atlantic City nel New Jersey, o nella vicina Pennsylvania che l'anno scorso ha cancellato il divieto che ancora vive nel New York State. Tanto vale, sostiene Cuomo, permetter loro di giocare «in casa» e consentire allo Stato di tenersi gli introiti.

L'iniziativa, com'è prevedibile, incontra forti opposizioni tra quanti a New York e dintorni pensano che il gioco d'azzardo non possa essere considerato una vera opportunità di crescita. Ma i più risolutamente contrari sono gli indiani d'America, che nell'ossessione di milioni di persone per l'azzardo hanno da tempo trovato il loro petrolio. Il business dei casinò gestiti dalle tribù nelle loro riserve, grazie all'autonomia di governo concessa da Washington, vale la bellezza di 24 miliardi di dollari. Una cifra immensa che ben spiega il tenore di vita elevatissimo di tribù come gli Shakopee del Minnesota, dove in pratica nessuno ha bisogno di lavorare grazie al reddito medio di 84mila dollari al mese assicurato da slot machines e tavoli verdi. Ma ora, in tempi di vacche magre anche in America, sono sempre più numerosi gli Stati che mettono da parte gli scrupoli morali e decidono di consentire l'apertura di case da gioco. Intaccando così la ricca torta di cui gli indiani sono i principali fruitori.

In attesa di sapere se anche a New York ci si potrà rovinare o arricchire ai tavoli di poker e blackjack, cresce la febbre elettorale in vista del voto di domani. Il risultato, a dar retta ai sondaggi, è in realtà praticamente scontato, con il democratico italoamericano Bill De Blasio favoritissimo sull'avversario repubblicano Joe Lotha, cui pare giovare ben poco il fatto di appartenere allo stesso partito del sindaco uscente: l'ex braccio destro di Rudolph Giuliani, figlio di un poliziotto e nipote di un vigile del fuoco, dovrebbe recuperare uno svantaggio spettacolare, superiore addirittura al 45%.

De Blasio, che ha sbancato le primarie democratiche con la sua crociata per abbattere il divario tra la New York dei ricchi e quella dei poveri, è una specie di reclame vivente del multiculturalismo: originario della provincia di Benevento, ha sposato un'afroamericana militante di sinistra dall'ostentato passato omosessuale e durante la campagna elettorale ha sempre esibito con orgoglio la sua famiglia modello dell'America del futuro, che comprende due figli che frequentano la screditata scuola pubblica.

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