È un'imboscata ma le dimissioni non sono una resa

Le dimissioni sarebbero per Sangiuliano un atto di coraggio

È un'imboscata ma le dimissioni non sono una resa
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Da giornalista sono stato collega e compagno di banco di Gennaro Sangiuliano e ne ho apprezzato talento e competenza. Ho avuto, contraccambiato, la sua amicizia e la sua stima. Ho apprezzato il suo coraggio quando da ministro della Cultura ha sfidato il pensiero unico della sinistra e iniziato a smantellarne l'illegittimo monopolio fatto di occupazioni e affari. Insomma, ne so abbastanza per dire che starò dalla parte di Gennaro Sangiuliano qualsiasi cosa egli deciderà di fare. Ma proprio per via di questa condivisione mi sento autorizzato a dargli il consiglio che solo un amico può dare: caro ministro, per il tuo bene pensa seriamente a dimetterti, non sarebbe una resa ma un atto di coraggio.

Quello che sta succedendo è assurdo, vigliacco, indegno di un paese civile ma sia io che Sangiuliano ben conosciamo da giornalisti di lungo corso - il meccanismo cinico e perverso dell'informazione ideologizzata. Non è questione di avere ragione o torto, è che il linciaggio in corso non si fermerà e siccome l'odore del sangue eccita le belve si andrà in un crescendo di fango quotidiano che travolgerà argini privati e pubblici con conseguenze non prevedibili.

Qui non si tratta di tenere il punto garantista e aspettare l'esito di un processo in base al principio della presunta innocenza, addirittura qui non c'è il reato. Qui non c'è da combattere una battaglia politica per cui scegliere da che parte stare costi quel che costi. Niente di tutto questo, qui c'è uno che di mestiere fa il ministro finito nella più comune delle trappole in cui noi uomini siamo usi cadere, soprattutto dopo una certa età.

A oggi per la verità non c'è alcuna certezza che le cose siano andate come sono andate per un concatenarsi casuale di eventi diciamo così avversi. La stessa La Repubblica ieri avanzava un dubbio sul fatto che le mosse di Maria Rosaria Boccia fossero «tutte farina del suo sacco». E in effetti non regge la tesi dell'amante respinta e abbandonata che da sola si vendica costruendo dossier. No, la Boccia costruisce un dossier sul ministro accumulando indizi anche in modo palesemente truffaldino - prima di iniziare la relazione e durante la luna di miele durata un paio di mesi. Perché una donna innamorata dovrebbe fare ciò? Bè, si potrebbe dedurre che forse non era così innamorata, che già in partenza aveva un piano e vai a sapere se questo piano era suo o di qualcun altro a cui interessava screditare il ministro.

Un giorno forse capiremo se questa vicenda apparentemente personale in realtà abbia avuto una regia da parte di chi vuole provare a riprendere il controllo delle politiche (e dei soldi) culturali, ma sta di fatto che il risultato non cambia.

Se è stato un amore avvelenato o una polpetta avvelenata l'uso della donna-polpetta è un classico degli intrighi nella storia del mondo certamente sposta i termini della questione ma da situazioni del genere non se ne esce in tempi brevi, non in tempi compatibili con una piena agibilità politica e istituzionale senza le quali il ministro non potrà operare come lui vorrebbe e saprebbe.

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