La Thatcher malata mi disse: "Non sarò mai una pensionata"

Parla il ritrattista di fiducia e amico dell'ex premier inglese: "Mi spiegava l'invasione delle Falkland con le tazzine da tè"

La Thatcher malata mi disse: "Non sarò mai una pensionata"

«La borsa, voglio la borsa, disse. E fu l'unica volta in cui si impose. Voleva un particolare quotidiano della sua vita di donna, ma anche la sua armatura da primo ministro. E la borsa per lei era uno strumento di battaglia». Richard Stone, 61 anni, è l'uomo che Margaret Thatcher ha chiamato per realizzare i ritratti, ben sei, che oggi sono l'eredità iconografica della Lady di ferro. Del suo primo lavoro, realizzato nel 2001, Mrs Thatcher disse: «È proprio come vorrei essere ricordata». Da allora Stone non è più solo il ritrattista di fiducia dell'ex premier defunta, ma un amico di famiglia. Uno fra i pochi a frequentare Maggie anche negli ultimi mesi, quelli della malattia, la demenza senile, e l'unico a ritrarla poco prima della morte su una chaise longue mentre legge rilassata nel giardino dove è stata sepolta, al Royal Hospital Chelsea, dopo i funerali a cui Stone è stato invitato.

Lei l'ha incontrata fino alla fine, quando era ormai seriamente malata.
«Sì, era molto fragile negli ultimi tempi. Aveva giorni buoni e giorni cattivi, ma mi riconosceva sempre e le piaceva parlare di cucina e del padre, com'è noto un droghiere, che però diventò sindaco della sua città, Grantham. Mi raccontava di quando la portava in biblioteca e di come le piacesse discutere con lui di storia e di politica».

E il ritratto? Chi ha deciso di realizzarlo? L'ultima immagine della Lady di ferro su una sdraio, così informale.
«Era l'agosto 2011, andavo a trovarla spesso da amico, nella casa di riposo per anziani dove ha trascorso gli ultimi anni. Ma andavo senza la mia scatola di colori. Da tempo la vedevo delusa per questo. Allora le dissi: se vuoi posare per un altro ritratto, ne sarei contento».

E lei?
«Accettò subito, d'accordo sulla voglia di immortalare quei momenti, un ambiente rilassato, l'immagine privata della Lady di ferro. Niente tailleur, niente perle. Facemmo tutto in una sola giornata. Il risultato è il ritratto di una donna anziana, molto fragile, ma rilassata, persa nei suoi pensieri».

Una pensionata?
«Be', credo avesse un problema con la parola “pensione”».

Che problema?
«Quando le dissi che avremmo potuto intitolare il ritratto retirement, in pensione, saltò sulla sedia. Retirement?, mi disse con un gigantesco punto interrogativo sul volto».

Era autoritaria? La lady di ferro che il mondo ha conosciuto?
«C'era differenza tra pubblico e privato. L'immagine pubblica era di grande sicurezza e forti convinzioni, era una donna determinatissima. Nel privato era molto gentile, sensibile. Parlava spesso con enorme affetto del marito Denis. Anche per questo non si separava mai dalle sue perle».

Ecco, le perle. Onnipresenti nella sua vita e nei ritratti.
«Gliele regalò il marito il giorno della nascita dei gemelli. Facevano parte di lei. Non si è mai mostrata preoccupata della sua immagine pubblica, ma era sempre attentissima all'apparenza, sempre vestita superbamente. Ripeteva anche a me una frase ormai celebre.

Quale?
«Devo indossare gli abiti della domenica, tutti i giorni»

E infatti nel suo primo ritratto, quello del 2001, è nella sua celebre «divisa». Cosa ricorda del primo incontro?
«La vidi per la prima volta a un ricevimento privato per gli ottant'anni di Ronald Reagan, suo caro amico, a Los Angeles. Era il 1991. Lì presi l'accordo per la prima tela».

Fu una buona modella?
«La migliore. Con lei non si sprecava mai tempo. Alla prima posa io ero nervoso, temevo la sua reputazione. Lei si sedette e mi disse: “Mister Stone, mi dica cosa vuole che faccia”».

È vero che veniva spesso a trovarla a casa?
«Sì, era una donna orgogliosa, mai superba. Mio figlio era un bambino e lei gli chiedeva già quali fossero le sue ambizioni».

Credeva nel successo.
«Si era fatta da sola. Era molto religiosa, una vera protestante metodista, con un fortissimo senso dell'equità, a dispetto di ciò che dicono i detrattori».

Rimpianti?
«Ne aveva, riguardavano la vita familiare. Ma non aggiungo altro».

Parlava degli anni al governo?
«Parlava spesso di tre argomenti: l'amicizia con Reagan, l'attentato dell'IRA a Brighton e la guerra delle Falkland».

Che diceva delle

Falkland?
«C'era un barlume della Thatcher, la leader di guerra, quando mi spiegava la strategia di invasione delle teste di cuoio sul tavolo da tè: spostava, spingeva e tirava piatti, tazze e teiera come fosse ancora al comando».

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