Una vendetta consumata fredda

Rauf Rashid Abd al-Rahman, il giudice che nel 2006 condannò a morte l’ex rais Saddam Hussein, è stato catturato lo scorso 16 giugno e giustiziato due giorni dopo dai miliziani dell’Isis

Una vendetta consumata fredda

Una vendetta consumata fredda. Rauf Rashid Abd al-Rahman, il giudice che nel 2006 condannò a morte l’ex rais Saddam Hussein, è stato catturato lo scorso 16 giugno e giustiziato due giorni dopo dai miliziani dell’Isis.

Un’esecuzione dal forte valore simbolico, perché la morte del dittatore iracheno rappresentava la fine di un nemico dell’Occidente e il successo dell’operazione militare americana “Iraqi Freedom”, con il feroce Saddam giustiziato dai suoi stessi connazionali.

I miliziani dell’Isis, la falange qaedista che sta seminando il terrore nel nord dell’Iraq, sono sunniti come Saddam. Ai tempi della dittatura erano l’etnia dominante ai danni di curdi e sciiti, e oggi sembrano voler riconquistare il potere perduto tramite un inquietante mix di fondamentalismo islamico e nostalgia del vecchio regime.

La notizia è stata diffusa su Facebook dal parlamentare giordano Khalil Attieh, che ha reso noto anche il testo della condanna a morte del giudice, dove l’Isis definisce Saddam Hussein un “martire”. Sempre secondo il parlamentare giordano, il magistrato prima di essere catturato dai fondamentalisti ha provato inutilmente a lasciare Baghdad travestito da ballerino.

Altre indiscrezioni rivelano che già nel 2007 aveva chiesto asilo politico in Gran Bretagna temendo per la sua vita. Il diretto interessato non aveva mai voluto commentare questa notizia, mentre la magistratura irachena ha sempre smentito affermando che si trovava nel Regno Unito solamente per una vacanza.

Il giudice Rahman era di etnia curda, una delle più vessate da Saddam quando era al potere. Originario di Halabja, una città attaccata dalle forze del regime con i gas tossici nel 1988. Morirono 5.000 persone, tra cui alcuni parenti del giudice. Lo stesso magistrato negli anni ’80 era stato diverse volte arrestato e torturato dagli uomini del dittatore.

Da presidente del Tribunale Speciale Iracheno per i Crimini del Regime, Rahman nel dicembre 2006 condannò Saddam a morte per crimini contro l’umanità, dopo un processo lungo più di un anno.

L’esecuzione del rais a suo tempo fu festeggiata da sciiti e curdi, ma fermamente criticata dai sunniti. E lo stesso giudice Rahman disapprovò il fatto che l’esecuzione, tramite impiccagione, divenne pubblica con un video diffuso dagli sciiti.

“La condanna a morte segna la fine di un periodo nero della storia di questo paese e ne apre un altro, quello di un Iraq

democratico e libero”, dichiarò il giorno dell’esecuzione di Saddam lo sciita Nuri Al-Maliki, attuale primo ministro dell’Iraq, già in carica allora. Ma la strada per un Iraq “democratico e libero” sembra davvero una meta lontana.

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