"Vive la France", culla del maschilismo

Fischi alle ministre, battute sessiste. E la nazione si interroga sugli eccessi contro le dame al potere

"Vive la France", culla del maschilismo

«Le donne sono uomini come tutti gli altri» recita il titolo di una commedia teatrale andata in scena nel 2007 in Francia. O forse lo sono un po' meno. Specie se riescono a farsi largo in uno degli universi più maschilisti del nostro mondo, la politica. Accade così che a Parigi, la capitale portata in trionfo come nuovo simbolo delle pari opportunità in Europa - dopo l'ingresso in Assemblea nazionale di 155 donne (il 27%) su 577 deputati e la successiva nomina di 17 ministre in un esecutivo da 34 teste - quando di mezzo ci sono le madame si finisce coi fischi di apprezzamento in stile sagra di paese, i commenti da Bar Sport e infine gli autorevoli ritratti o le pungenti interviste che non mancano di sottolineare le caratteristiche estetiche e il gusto per gli abiti delle signore al potere. È successo a Cécile Duflot, 37 anni, ministra per le Politiche abitative, nota tra l'altro per essersi presentata in jeans all'Eliseo nel primo giorno di lavoro del nuovo governo e finita qualche giorno fa al centro dei fischi dei colleghi deputati per aver sfoderato un vestitino a fiori durante un intervento in Aula («ho lavorato nel settore dell'edilizia e delle costruzioni, non avevo mai visto nulla del genere», ha commentato lei). È successo alla ministra per le Pubbliche e medie imprese, Fleur Pellerin, 38 anni - nata in Sud Corea e adotatta da una famiglia francese quando aveva appena sei mesi - incalzata da una sfilza di domande politically incorrect appena tre giorni fa su radio Europe 1, dopo che le sue foto sulle scale dell'Eliseo in minigonna vertiginosa e tacchi da capogiro hanno fatto il giro del mondo. «Lei sa perché è stata scelta? Perché è una bella donna di origini diverse da quelle francesi? Perché appartiene a una minoranza poco visibile? Perché è la prova di un'adozione riuscita? Perché è un segnale forte per i mercati asiatici? O unicamente perché è competente?» è partito a raffica il giornalista. Non ci è voluto molto perché la senatrice socialista Laurence Rossignol chiedesse il licenziamento del conduttore «misogino». E che dire di Yamina Benguigui, 55 anni, ministra per i Francesi all'estero, origine algerine, soprannominata «la diva» per gli abiti chic e le amicizie altolocate - la Rachida Dati della gauche - il cui tacco si è incastrato in una griglia del palazzo presidenziale scatenando le risatine dei suoi colleghi?
Bienvenue en France, patria di Christine Lagarde, direttore generale del fondo monetario internazionale, definita dal settimanale tedesco Stern «la donna più potente del mondo» ma anche regno di Dominique Strauss Kahn, ex uomo più potente del mondo, oggi meglio conosciuto in patria come chaud lapin (coniglio in calore, copyright dello stilista tedesco Karl Lagerfeld, padre degli imperi francesi Chloé e Chanel). Mentre le donne scalano i gradini più alti del potere, a Parigi e dintorni il dibattito sul maschilismo è più acceso che mai. I Verdi - che hanno portato in Assemblea 9 donne su 17 deputati - dopo il caso della collega Duflot fischiata per l'abitino a fiori, hanno proposto un workshop contro il machismo in Parlamento, supportati dall'altra «verde» ministra per i Diritti delle donne e portavoce del governo Najat Vallaud-Belkacem, 35 anni, tra le tante che dichiarano di pensarci due volte prima di presentarsi in gonna in Aula, per evitare le battutine dei colleghi, come quel deputato che una volta, durante una cerimonia ufficiale le disse davanti a tre colleghi: «La caccia è come le donne, ci si pente sempre dei colpi che non si è tirato», ha raccontato lei nell'inchiesta condotta l'anno scorso da Libération.
Intanto la destra francese rappresentata dall'Ump - ribattezzato su Twitter «Unione dei Machisti Populisti» - accusa la gauche del presidente François Hollande e del premier Jean-Marc Ayrault di aver voluto cavalcare l'onda mediatica con la scelta «rosa» su metà dell'esecutivo ma di aver mancato l'obiettivo centrale: affidare alle donne ministeri rilevanti, come invece era accaduto nell'era di Nicolas Sarkozy. Un'epoca tuttavia macchiata dalle dimissioni, e dal successivo arresto, del ministro della Funzione pubblica Georges Tron, finito in manette con l'accusa di molestie sessuali a due dipendenti di Draveil, il comune fuori Parigi di cui è sindaco, e poi tornato in Parlamento (fino allo scorso giugno) grazie all'immunità.


L'ultima dama illustre ad essersi dichiarata vittima del maschilismo è Ségolène Royal, la donna che ha mancato clamorosamente non solo il traguardo Eliseo - sia come candidata presidente nel 2007 che come première dame quest'anno dopo la fine della relazione con Hollande - ma anche quello più abbordabile di prima donna a guidare l'Assemblea nazionale. A metterle i bastoni fra le ruote, stavolta, è stato il Twitter feroce dell'attuale compagna del presidente, Valérie Trierweiler. Segno che a volte la perfidia femminile può più del maschilismo.

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