"Esterno notte" fa del dramma di Moro un racconto corale

Marco Bellocchio torna sulla tragica morte dello statista. Ma da una prospettiva diversa

"Esterno notte" fa del dramma di Moro un racconto corale

Roma. Perché si decide di raccontare una seconda volta la stessa storia? «Non per scoprire chissà quali segreti, o per pretendere di stabilire la verità. Non volevo neppure condannare questo o quello. E nemmeno dire in realtà è così che andò. No. Sono tornato a raccontare la fine di Aldo Moro solo perché questa tragedia m'interessa ancora. Ancora mi fa palpitare».

Depone insomma i consueti furori polemici, Marco Bellocchio, quando con Esterno notte il 14, 15 e 17 su Raiuno, per il suo debutto nella serialità televisiva- diciotto anni dopo Buongiorno, notte s'immerge ancora nei cupi cinquantacinque giorni che, dal 16 marzo al 9 maggio 1978, precipitarono nel lutto la storia della Repubblica. Ma con una differenza: «Se quel film sceglieva di concentrarsi soprattutto sul calvario interiore del protagonista -riassume uno degli sceneggiatori, Stefano Bises- la serie ha dimensioni più corali, dà conto dei tormenti dei molti personaggi da papa Paolo VI all'allora ministro degli interni Francesco Cossiga; dalla moglie dello statista, Eleonora, a Benigno Zaccagnini, segretario della Democrazia Cristiana- che nella tragedia rivestirono ruoli diversi, e spesso contrapposti».

Una sorta di «viaggio psicanalitico», precisa Bises, «dentro il differente percorso che ciascuno di costoro intraprese fin nel cuore dei fatti. Secono una cadenza tragica di sapore shakespiriano». E il telespettatore che in questa fiction cercasse anche nuove tracce di verità? «Non ne troverà. Perché sul caso Moro non esiste una sola verità. E se anche esistesse, non sarà questa generazione, a conoscerla».

Già presentate a Cannes e brevemente programmate in due parti nei cinema, le sei ore di Esterno notte dipanano così volti e dilemmi differenti, attorno ad un tema unico. Al centro del quale, però, solo in parte campeggia Fabrizio Gifuni -suo il volto dello statista- «perché - spiega il regista - ho voluto che Moro si presentasse nella prima puntata, come leader e padre di famiglia nei suoi momenti di vita domestica, ma poi scomparisse durante il periodo della prigionia, per riapparire solo verso la sua conclusione». Il che dà fatalmente spazio agli altri personaggi, «aumentando la possibilità di abbandonarsi ad emozioni diverse, ma sempre senza lo schermo dell'ideologia analizza Gifuni - Come deponendo le armi. Senza doverci per forza trovare cosa va e cosa non va». «E a Fabrizio aggiunge il regista - ho dato il compito di condensare tutti i tormenti del famoso epistolario in un lungo monologo: dieci minuti ( speriamo che lo spettatore li regga!) in cui ha straordinariamente sintetizzato la rabbia, il dolore, le contraddizioni del personaggio». Per il protagonista di Esterno notte, che non casualmente ha già incarnato, in cinema e teatro, il presidente DC, «Moro è un fantasma della nostra storia. Metaforicamente parlando non gli è stata data degna sepoltura. Per questo torna a disturbarci, a chiederci di raccontare ancora la sua tragedia. Perché ai giovani è stato suggerito che la memoria è inutile, noiosa, divisiva. Mentre invece continuare a ricordare è essenziale».

Gli altri attori dichiarano d'aver appassionatamente approfondito le rispettive psicologie: «Eleonora Moro: donna forte, abituata a tenere dentro tutte le emozioni. Donna in fondo poco raccontata riflette la sua interprete, Margherita Buy - Io l'ho vissuta come dentro ad una macchina del tempo. C'erano altri sentimenti, allora; altri modi di esprimerli. Poco contenta di avere un marito sempre lontano ecco che all'improvviso ha dovuto subire questo strappo terribile. E allora tutta la sua forza, la sua autodisciplina non sono servite più a nulla. Il che ha reso, se possibile, tutto ancora più doloroso». Per Toni Servillo, nei bianchi ed amletici panni di Paolo VI, «quello del papa è un personaggio che ricorda certe figure shakespiriane. Il suo rapporto con Moro era quello di un padre col figlio. I suoi affannosi tentativi di trovare una soluzione - un tormento che è stata la cosa più affascinante da raccontare - lo hanno esposto ad uno shock terribile».

Conflitto analogo sopportò Francesco Cossiga, proiettato al centro all'ancor oggi dibattuto dilemma: fermezza o trattativa? «Lui soffrì moltissimo a resistere sul fronte della fermezza, rifiutando qualsiasi patto con le Brigate Rosse ricorda Fausto Russo Alesi, che gli dà il volto- Personaggio poderoso, imprendibile, anchemisterioso, Cossiga. Si dibatte fra la ragione umana e la ragione di stato. Perchè Moro era grande un suo maestro ed amico».

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