Gli esuli delle Foibe? Finiti nel dimenticatoio

Gli esuli delle Foibe? Finiti nel dimenticatoio

Giacomo Legame

Nella “Casa della memoria e della storia” del Comune di Roma non c’è posto per i martiri delle foibe. E questa è la prima notizia. La seconda è che gli uomini e le donne della comunità giuliano-dalmata di Roma, prima che la storia del loro esodo venisse “dimenticata” dall’istituzione che ospita il ricordo di partigiani e antifascisti, raccontano di aver ricevuto da Veltroni in persona, lo scorso autunno nel corso dell’ennesima inaugurazione, l’assicurazione che l’iniziativa avrebbe coinvolto anche loro. Peccato che nel lungo elenco di associazioni confluite mediante la condivisione di documenti e archivi nell’istituzione voluta dal sindaco non ci sia traccia delle rappresentanze della comunità giuliano-dalmata che nella Capitale vanta addirittura un quartiere. Tante le buone intenzioni sbandierate. Ma le cose sono andate diversamente.
A rompere il silenzio è Marino Micich, direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume. «A quanto pare – afferma – questa istituzione riguarda solo un aspetto della memoria della nostra nazione. A Roma e nel Lazio giunsero oltre 15mila esuli, e la loro storia merita maggiore considerazione, come ha fatto a livello nazionale l’ultimo governo dopo che la nostra realtà culturale era stata taciuta per oltre sessant’anni». Eppure, ricorda Micich, «quando Veltroni venne nel nostro quartiere alla fine del 2005 per inaugurare dei giardini pubblici ci disse che la Casa della memoria avrebbe accolto anche la storia degli esuli delle foibe istriane. E invece...».
C’è amarezza. «Attendiamo ancora – afferma Micich – di essere interpellati dal Comune per partecipare e contribuire, abbiamo tanto di quel materiale... Il nostro archivio è stato costituito nel 1960, dodici anni dopo ha ottenuto il riconoscimento come bene culturale dal governo, e successivamente anche dalla sovrintendenza dei beni archivistici del Lazio. Mi si passi il gioco di parole, ma se la Casa della memoria è ristretta solo ad un aspetto della memoria nazionale, allora ci chiediamo a quale memoria apparteniamo. Non vorremmo che dopo sessant’anni di memoria negata – conclude Micich - ci si dimenticasse ancora una volta di noi». La polemica è destinata a lievitare. Anche perché c’è chi ha mostrato di non gradire che l’istituzione Biblioteche di Roma non abbia indetto iniziative per commemorare la Giornata del Ricordo dedicata al dramma fiumano, nonostante il territorio di Spinaceto, dove si trova la comunità giuliano-dalmata, ospiti una biblioteca pubblica. Ma torniamo alla Casa della Memoria. «È sconcertante» afferma Andrea De Priamo, candidato della Cdl alla presidenza del XII municipio dove si trova il quartiere giuliano-dalmata. «È inammissibile che una realtà così importante nella storia d’Italia, presente a Roma con enti storico-culturali di rilievo e numerose associazioni oltreché con una vasta comunità, sia stata esclusa da un’istituzione comunale». Anche perché, racconta il consigliere capitolino Marco Marsilio (An), «l’assessore Minelli ha più volte tentato di blandire l’opposizione in Campidoglio assicurando che la Casa sarebbe stata il luogo di una memoria condivisa, dove non avrebbero trovato spazio solo i partigiani e l’antifascismo militante ma anche le vittime delle foibe e del totalitarismo di sinistra. Erano solo chiacchiere, e ancora una volta la sinistra si è dimostrata capace solo di una memoria a senso unico». Non solo: Federico Mollicone, capogruppo di An in I municipio, ricorda che «per finanziare la Casa della Memoria furono dirottati gli oneri accessori ricavati dall’edificazione del nuovo palazzo di piazza Vittorio.

Immaginando che l’epilogo sarebbe stato questo – racconta Mollicone –, noi contestammo che quei fondi non fossero destinati all’Esquilino. Di fronte all’ostinazione della sinistra chiedemmo almeno che la nuova istituzione fosse il luogo di una memoria condivisa. Ma purtroppo il tempo ha dimostrato che avevamo ragione noi».

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