
I punti chiave
- Un sistema di Difesa unitario per arrivare a un esercito europeo
- Più spese militari senza vincoli come durante la pandemia Covid
- Un inviato unico per l’Ucraina per trattare a nome di Bruxelles
- Una forza di peace keeping L’ipotesi di soldati sul campo
- Aumentare le sanzioni alla Russia per fare pressioni sul Cremlino
Serve una voce unitaria e forte per gestire la crisi. E ritrovare la centralità.
Un sistema di Difesa unitario per arrivare a un esercito europeo
«Vorrei che un esercito europeo di un milione di uomini venga dispiegato in Ucraina». L’auspicio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è destinato, almeno per il momento, a rimanere tale. Eppure i paesi membri dell’Unione hanno delle vere e proprie eccellenze in tema di forze armate delle forze armate più avanzate e meglio equipaggiate al mondo ma resta evidente che paesi come Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Polonia non abbiano un coordinamento unico e quindi una operatività limitata. Più probabile un aumento delle spese per la difesa, richiesto a gran voci da quasi tutti. E contemporaneamente anche una strategie di approvvigionamento comune che eviti di avere armamenti incompatibili tra un Paese e l’altro e migliori il coordinamento tra eserciti.
Più spese militari senza vincoli come durante la pandemia Covid
Lo hanno detto e ribadito in molti, in Europa ma anche negli Stati Uniti. Le spese per la Difesa in Europa devono aumentare secondo il principio per cui se vuoi la pace devi preparare la guerra. Ieri a Parigi lo ha ribadito il primo ministro polacco Donald Tusk. «Non saremo in grado di aiutare efficacemente l’Ucraina se non prendiamo immediatamente misure concrete per le nostre capacità di difesa. Se l’Europa, come oggi, non è in grado di contrastare il potenziale militare della Russia, allora dobbiamo immediatamente recuperare il nostro ritardo: se non spenderemo per la difesa ora, saremo costretti a spendere 10 volte di più se non impediamo una guerra più ampia». Tra le ipotesi quella di poter sforare il patto di stabilità come avvenuto durante la pandemia.
Un inviato unico per l’Ucraina per trattare a nome di Bruxelles
Un’assenza che pesa e che non passa inosservata: chi è l’inviato dell’Unione europea per la crisi ucraina? Non c’è. Se gli stati Uniti hanno designato il generale Kellogg e perfino il Vaticano ha nominato il cardinale Parolin, l’Europa non ha un proprio delegato per parlare a nome di Bruxelles a un qualsiasi tavolo di trattativa. Una necessità sottolineata da molti paesi della Ue e richiesta a gran voce dall’Ucraina. Anche il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito come l’Europa dovrebbe essere prima di tutto unita, decidere cosa fare e poi parlare con una voce unica mentre troppe volte, specie negli ultimi anni, ogni Stato è andato avanti in ordine sparso. Un nome di peso potrebbe anche fare la differenza nell’ambito delle frizioni con gli Stati Uniti su chi manovra i fili della trattative.
Una forza di peace keeping L’ipotesi di soldati sul campo
Proiettandosi già al dopo guerra in Ucraina, si pone il problema di come garantire la sicurezza del Paese al di là degli eventuali trattati ed evitare una nuova invasione da parte della Russia, oltre a garantire che la pace sia davvero duratura e reale. L’idea è quella di inviare sul campo un contingente di soldati europei ma anche extra-Ue, con il dubbio della presenza degli americani, che agisca sotto l’egida dell’Onu. Potrebbe trattarsi di una soluzione di compromesso: l’Ucraina non entra nella Nato ma la Nato, di fatto, verifica che la situazione sul campo resti tranquilla nel dopo guerra, anche se la Russia si oppone anche a questa opzione. Reste nelle ipotesi anche il progetto più estremo: l’invio di truppe europee sul campo per fermare la guerra di aggressione della Russia.
Aumentare le sanzioni alla Russia per fare pressioni sul Cremlino
La posizione americana è ambigua: aumentare, diminuire o togliere le sanzioni alla Russia? Negli ultimi giorni da Washington è uscito tutto e il contrario di tutto in un caos dialettico che riflette quello pratico.
Quel che è certo è che se in un primo momento le sanzioni occidentali alla Russia sembravano non aver avuto effetti sostanziali, col perdurare della guerra Mosca risulta fiaccata eccome dal punto di vista economica.
Nonostante la propaganda del Cremlino si sforzi di dire il contrario, l’economia russa è stata di fatto trasformata in una economia di guerra con il sistema che rischia il collasso.Le sanzioni hanno ridotto la quantità di fondi a disposizione della Russia per finanziare la guerra facendo crollare sia le importazioni che le esportazioni.
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