"Obbligatorio riconoscere il cambio di genere": cosa dice la Corte Ue

"Il rifiuto è contrario ai diritti dei cittadini dell'Unione Europea", spiega l'Avvocatura generale della Corte di gustizia

"Obbligatorio riconoscere il cambio di genere": cosa dice la Corte Ue
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Uno Stato membro che si rifiuta di riconoscere i cambiamenti di nome e di genere effettuati e resi ufficiali in un altro Stato membro sta violando i diritti dei cittadini dell'Unione europea.

Questo in sostanza il parere dell'Avvocatura generale della Corte di Giustizia Ue sulla base del giudizio espresso in merito alla vicenda di una cittadina romena registrata alla nascita di sesso femminile: costei, dopo essersi trasferita in Gran Bretagna e aver acquisito la cittadinanza britannica senza perdere quella del suo Paese d'origine, aveva deciso di cambiare genere e nome. Modifiche, queste, che non erano state riconosciute invece in Romania. L'episodio a cui si fa riferimento, ovviamente, risale a un periodo in cui il Regno Unito era ancora parte dell'Ue, per la precisione al 2017.

Nel 2020 è arrivato il riconoscimento legale della nuova identità di genere maschile, dopo di che il diretto interessato aveva chiesto nel 2021 alle autorità romene di iscriverlo nel suo atto di nascita: l'istanza era stata respinta, e il cittadino era stato invitato a effettuare una particolare procedura giudiziaria per ottenere l'approvazione del nuovo sesso anche in Romania. Il tribunale di Bucarest a cui si è rivolto l'uomo per ottenere l'aggiornamento dell'atto di nascita si è quindi riferito alla Corte di giustizia Ue, interrogata per comprendere se le leggi nazionali romene su cui si basava il diniego del riconoscimento delle sopra citate modifiche e la successiva Brexit, potessero avere delle conseguenze sul caso.

Dato che i fatti risalgono a prima dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, spiega l'avvocato generale Jean Richard de la Tour, innanzitutto i documenti emessi da quel Paese devono essere considerati a tutti gli effetti come provenienti da uno Stato membro: questo sarebbe il primo errore imputabile alle autorità romene per quanto concerne il rifiuto del riconoscimento.

In secondo luogo, spiega la Corte Ue, il diritto alla libera circolazione dei cittadini degli Stati membri nonché il diritto al rispetto della loro vita privata non dovrebbero consentire alle autorità di uno Stato membro di rifiutarsi di riconoscere e quindi di iscrivere nei registri di stato civile il nuovo nome acquisito da un proprio cittadino in un altro Stato membro di cui è analogamente cittadino. Per le stesse motivazioni non si può negare il diritto di veder riconosciuta la nuova identità di genere acquisita in un altro Stato membro: questa deve essere quindi iscritta senza alcun procedimento speciale nell'atto di nascita del cittadino richiedente.

L’avvocato generale Jean Richard de la Tour ha quindi aggiunto

che"gli Stati membri restano competenti a prevedere, nel loro diritto nazionale, gli effetti di tale riconoscimento e di tale iscrizione in altri atti di stato civile nonché in materia di matrimonio e di filiazione".

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