Famiglie, compleanni e voci «fuori scena»

Paravidino al Quirino con uno dei primi testi di Harold Pinter

«Il soggiorno di una casa, in una città di mare. Una porta che dà sull’ingresso sinistro. La porta di servizio e una piccola finestra, in fondo a destra. Il passavivande, centro fondo scena. La porta della cucina, in fondo a destra. Tavolo, sedie, centro scena». È in questo «interno» meticolosamente descritto in didascalia che Harold Pinter ambienta il suo secondo testo, Il compleanno, capolavoro del ’58 (debuttò il 28 aprile di quell’anno a Cambridge) dove l’autore, appena ventottenne, anticipa e condensa i grandi temi su cui tornerà in futuro, facendo leva su un linguaggio già molto personale: secco, diretto, misterioso, puntellato di pause significative e di diffuse allusioni politiche. All’elenco degli artisti che negli anni si sono fatti carico di offrire, sulle nostre scene, una lettura dell’opera (e basti citare Carlo Cecchi) si aggiunge ora Fausto Paravidino, personalità tra le più interessanti del nostro teatro che presenta da oggi al Quirino una versione de Il compleanno dove recita pure il ruolo del sadico Goldberg, mentre nella parte del perseguitato Stanley si misura Giuseppe Battiston e in quella di Meg, la non più giovane padrona del bed&breakfast in cui si svolgono i fatti, troviamo Ariella Reggio. L’idea forte dello spettacolo consiste in uno spostamento generazionale rispetto al testo di Pinter (autore tra l’altro prediletto e, per sua propria ammissione, «emulato» dallo stesso Paravidino) «per cui Stanley è un pochino più grande di Goldberg». Per il resto ci aspettiamo sostanziale aderenza all’originale (vi si snoda una vicenda di tensioni e pulsioni complesse contratte nello spazio/tempo di una festa di compleanno, in onore di Stanley, in definitiva violenta e drammatica) e a quel «teatro d’attori» che regista e compagnia alacremente difendono e «fanno».
Se questo titolo rappresenta uno dei debutti più attesi della nuova settimana, non di meno vanno segnalate operazioni che, pur su un terreno scenico assai diverso, meritano attenzione. Alludiamo principalmente al gruppo di ricerca ravennate Fanny & Alexander che, dopo il bel successo del progetto Ada. Cronaca familiare, arriva al Piccolo Jovinelli (sempre da questa sera) con Him, tuffo nel grottesco orchestrato da Luigi De Angelis e interpretato da Marco Cavalcoli dove la partitura monologante gioca su un esercizio di doppiaggio estemporaneo del film Il mago di Oz (proiettato su uno schermo predisposto sul palco) da parte di un dittatore-doppiatore che non riesce a stare al passo delle battute. Tra estetica, comicità, riflessione metalinguistica, questo lavoro lieve garantisce intelligenza e originalità. E restando in zona «sperimentazione» ci piace citare un breve catalogo di lavori e titoli previsti o già in scena in alcune piccoli spazi della capitale: il Rialto Sant’Ambrogio ospita, da giovedì 17, un’interessante retrospettiva dedicata all’Accademia degli Artefatti; sempre da giovedì Alessandro Fea presenta al Politecnico Soul 3.

Maschile/femminile, una pièce sulla incomunicabilità di coppia dove la musica, come nel precedente Jenna, funge da necessario contrappunto alla partitura dialogica; all’Argot proseguono poi le repliche dell’intenso 13419 - La necessità del ritorno di Roberto Attias (anche regista e co-interprete), viaggio nella nostra storia cittadina tra anni '30 e glorioso ’68; alla Sala Piccola del Vascello è tornato il gustoso Marx a Roma di Andrea Grignolino (mentre nella Sala Grande Manuela Kustermann dirige se stessa in L’amore mio non può, ispirato al romanzo di Lia Levi).

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