Il Far West in Amazzonia Via la foresta, caccia all'oro

È in corso un grave disboscamento illegale del polmone del pianeta. A rischio la civiltà indios

Paolo Manzo

San Paolo

P roprio come nel vecchio Far West, senza stato né legge. L'Amazzonia di oggi ha dismesso i panni di polmone del pianeta per vestire quelli meno nobili di enorme giacimento, soprattutto d'oro, da sfruttare a più non posso a favore del mercato internazionale e soprattutto senza alcun briciolo di considerazione per chi ci vive e per le generazioni che verranno. Testimoni disperati di questo scempio sono soprattutto gli indios. Negli ultimi giorni prima è toccato alla comunità dei Waiãpi, installati nello stato amazzonico dell'Amapà, che si è vista il suo villaggio di Yvytotõ invaso all'improvviso e con violenza da una cinquantina di garimpeiros (gli estrattori illegali di oro) armati fino ai denti. Secondo gli indios avrebbero ucciso a colpi d'arma da taglio il loro capo, il cacique 68enne Emyra Waiãpi. Chi è sopravvissuto è dovuto scappare. Il rischio di un ulteriore bagno di sangue è stato subito denunciato da uno dei senatori dell'Amapà Randolfe Rodrigues e persino da Caetano Veloso che in un video ha chiesto aiuto «alle autorità in nome della dignità del Brasile nel mondo».

Qualche giorno dopo, poi, è stata la volta dello stato amazzonico del Parà dove è partita una spedizione degli indios Mundurucu che hanno intimato ai garimperos e ai disboscatori illegali di uscire dalla loro riserva nel più breve tempo possibile. «Siamo davvero indignati - hanno detto - nel vedere i nostri alberi tagliati e la nostra terra distrutta». Ci troviamo in prossimità del Rio Tapajòs, uno dei grandi affluenti del Rio delle Amazzoni divenuto purtroppo il cuore di questa corsa all'oro che sta portando allo stremo il Brasile. Di certo il nuovo governo di Bolsonaro - sostenuto in campagna elettorale anche dalla lobby dei grandi latifondisti - non aiuta. Dopo aver contestato i dati sulla deforestazione amazzonica il nuovo presidente ha sdoganato il polmone verde del pianeta all'estrazione mineraria e a varie iniziative economiche di forte impatto ambientale. Ma è soprattutto l'oro la grande minaccia. Lo stesso oro che poi ammiriamo in forma di gioielli esposti nelle migliori vetrine della vecchia Europa. Un mercato, però, con sacche di illegalità fuori controllo le cui proporzioni sono davvero spaventose. Alle 70 tonnellate prodotte in Brasile ogni anno in modo regolare se ne aggiungono, infatti, almeno una ventina completamente fuorilegge che generano guadagni non dichiarati al fisco per l'equivalente di quasi un miliardo di euro secondo l'Agenzia mineraria nazionale. E proprio il bacino del Rio Tapajós è l'area del Paese dove si produce più oro e quindi anche più oro illegale, giunto ormai a quota 15 tonnellate l'anno per un valore di quasi mezzo miliardo di euro. La piccola cittadina di Itaituba è diventata il simbolo di questa devastazione. I suoi 5 mila abitanti sono quasi tutti garimpeiros e l'oro abbonda così tanto che spesso lo si usa al posto della moneta nazionale che è il real. Ma basta guardarsi intorno per capire come il crimine la faccia da padrone. Decine di piccoli aerei decollano e atterrano ogni giorno sulle trenta piste esistenti. Piste completamente illegali usate per trasportare oro e lavoratori nel cuore della foresta amazzonica senza che nessuno controlli. Le cifre parlano chiaro. Solo in questa parte di Brasile alle 850 estrazioni legali se ne sommano 2mila totalmente clandestine. Un vero e proprio scempio come rivelato dalle foto satellitari utilizzate dalla polizia federale per monitorare il fenomeno. «Sono migliaia i punti di estrazione non autorizzati dentro la foresta - spiega il commissario Gecivaldo Vaconcellos Ferreira - il che rende completamente impossibile da parte nostra la possibilità di chiuderli tutti. Siamo troppo pochi». Un problema non solo degli indios ma di tutta la società civile. Attorno al mercato dell'estrazione illegale ruota un indotto criminale fatto di prostituzione infantile, di sfruttamento umano, di droga e alcolismo.

Ma come è possibile che questo mercato riesca a sfuggire ai controlli? Perché manca un sistema informatico nazionale dei certificati che attestano la legalità dell'origine del prodotto e poi perché «multare è un iter molto complesso - spiega Eduardo Leão, direttore dell'Agenzia Nazionale di Minerazione - e le multe sono davvero ridicole, poco meno di mille euro». Delinquere insomma conviene. Anche perché se si rispettasse la legge si sarebbe costretti a sanare a proprie spese gli eventuali danni ambientali e la riforestazione intorno. Da cui gli scenari spettrali che si ripetono per km e km in mezzo alla foresta: alberi distrutti, fango ovunque, desolazione. Per non parlare poi del mercurio usato nel processo di separazione dell'oro e tranquillamente riversato nell'acqua dei fiumi mettendo a repentaglio per la sua tossicità qualità e aspettativa di vita delle comunità soprattutto indigene che vivono sulle rive.

Sono 7 milioni di tonnellate l'anno solo i detriti provocati dall'estrazione illegale che finiscono nelle acque del Rio Tapajós.

Per il procuratore della Repubblica dello stato del Parà Camões Bonaventura «si stanno rubando alla società brasiliana intera tonnellate e tonnellate di oro senza che la società abbia nulla in cambio». Proprio come fecero i primi colonizzatori portoghesi che l'oro arrivarono a contrabbandarlo in Europa nascondendolo ovunque, persino nelle statue votive di legno.

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