Federalismo, Calderoli: arriva la service tax

Il governo assicura che i cittadini non saranno gravati da nuove imposte. L’ipotesi: assegnare ai Comuni una quota del gettito Irpef sulle seconde e terze abitazioni. Chiti: "Va bene al 92% Siamo disposti al dialogo"

Federalismo, Calderoli: arriva la service tax

Roma - Ma come funzionerà la «service tax» annunciata dal ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli? Chi la pagherà? E quanto? Il diretto interessato non si sbilancia. Dice che la illustrerà solo dopo aver avuto l’ufficialità. Bocche chiuse anche al ministero dell’Economia, lato Finanze. Ne consegue che si possono avanzare solo ipotesi.

Le uniche indicazioni fornite da Calderoli in un’intervista a La Stampa, sono: «tutto quello che viene offerto dal Comune in termini di servizi verrà coperto da questa tassa: dall’aiuola alla pulizia del marciapiede; dal parcheggio all’acqua che arriva a casa».

Detta così, sembrerebbe trattarsi di una «tassa di scopo». Vale a dire, un’imposta destinata a finanziare servizi. Con un problema. Il governo ha sempre detto che non vuole aumentare la pressione fiscale. Ne consegue che il profilo della «service tax» non dovrebbe essere quello della «tassa di scopo». E quindi?

La legge delega che introdusse il primo modulo della riforma fiscale del governo Berlusconi (2003) conteneva anche una norma che autorizzava il governo a varare la riforma delle imposte sui servizi. Quella delega fu oggetto di studi approfonditi da parte dell’Alta commissione sul federalismo fiscale. Sull’argomento, la Commissione propose di riportare nella fiscalità immobiliare la quota oggi soggetta all’Irpef.

In altre parole, oggi sulle seconde case si paga ancora l’Irpef. Un’ipotesi potrebbe essere quello di trasferire ai Comuni la quota di Irpef che oggi grava sulle seconde e terze case. In tal modo, la prima casa resterebbe esente da tributi (da tempo è stata cancellata l’Irpef sulla prima casa e, di recente, anche l’Ici), ed i Comuni potrebbero recuperare il gettito tolto con la cancellazione dell’Ici recuperando la quota di Irpef sulle seconde case. In cambio, ovviamente, di un taglio dei trasferimenti.

In tal modo, il gettito Irpef immobiliare rimarrebbe sul territorio; le prime case non pagherebbero nessuna patrimoniale (come ribadito da Berlusconi, Tremonti, Brunetta e Calderoli); e i contribuenti non avrebbero nessun aumento di pressione fiscale. Nel senso che chi già oggi paga l’Irpef sulla seconda e terza casa, continua a farlo senza appesantimenti; l’unica differenza è che il gettito anziché andare all’erario, andrà ai Comuni.

Se questo sarà lo schema che ha in mente Calderoli, si scoprirà in settimana. Uno schema che segue il modello di federalismo presente anche in altri Paesi (ad iniziare dalla Spagna).

E che consente di avvicinare il fisco al territorio ed al contribuente, senza aggravi per quest’ultimo.

Con questo gettito i Comuni potrebbero quindi finanziare le opere accennate da Calderoli; agganciando così la riscossione di un’imposta ai servizi offerti da un’amministrazione.

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