LA FESTA A PRODI

Tira un’aria sinistra per Prodi. Cinquecentomila, settecentomila, un milione: mettetela come volete, la manifestazione è stata un successo: Roma si è colorata di nuovo di rosso, e questa volta non è uno scherzo da vandali della fontana di Trevi. Macché. Sembrava di essere a un corteo del rinato Pci: senza il folklore dei no global, senza l’allegria sgarrupata delle ultime occasioni. Una vera prova di forza, militante e severa. Praticamente comunista.
Per carità, qualche sforzo di fantasia c’è stato. Un cartello del «bamboccione disoccupato», gli interisti leninisti, qualche concerto improvvisato con tamburi, trombe e sax. Alla fine però quello che interessava era suonare Prodi. Per l’occasione s’è messa in ghingheri anche sora Lella Bertinotti. Il presidente della Camera aveva fatto l’elegante, l’altro giorno. Si sa che fare l’elegante è il suo mestiere. «I ministri stiano a casa», aveva detto. Evidentemente non si riferiva al ministro della Real Casa,cioè sua moglie.
Siamo gli ultimi a gioire, naturalmente, del successo di una manifestazione così arcaicamente comunista. Le tesi sostenute in quel corteo, a cominciare dall’abolizione della legge Biagi, porterebbero il Paese in pieno medioevo statalista. Avete sentito gli slogan? Solo una lunga serie di no: no alla Tav, no al Mose, no alla base di Vicenza. Persino «No Vat», contro il Vaticano. E le proposte? Bandiera rossa la trionferà. E Ingrao che grida: «Lotta continua». Sembra un filmato della cineteca Rai.
Pensiamo però che Prodi abbia, in questo momento, meno motivi di gioire di noi. Pover’uomo, lui ormai è un pugile suonato. Eppure continua a dire che non getta la spugna. Vorrà dire che sarà chiamato il ko tecnico. Non vi pare? L’altra settimana le primarie del Pd, oggi queste che hanno subito ribattezzato le primarie della Cosa Rossa. Insomma, fanno tutti le primarie. E lui, il premier, si renderà conto che è diventato un po’ secondario.
Sono giorni difficili. Il Parlamento deve cominciare a discutere una finanziaria dove per la prima volta nella storia della Repubblica gli emendamenti presentati dalla maggioranza sono più di quelli dell’opposizione. Mastella è sotto inchiesta e dice che bisogna votare a primavera. Sul fronte giudiziario c’è il caos, su quello economico peggio ancora. «Non mollo», insiste Prodi. Il problema è che sono gli altri che ormai hanno mollato lui.
In effetti, in piazza c’erano cinque sottosegretari e i segretari dei partiti di maggioranza. Alcuni ministri esultavano in diretta tv. Dicevano di essere lì per «pungolare il governo» a non dimenticare il programma. Ma vi pare? Si portano 700mila persone in piazza per «pungolare»? E per ricordare il programma non bastava una telefonata? Un appunto? Un post it?.

La verità è che siamo agli ultimi giorni di Pompei. Ormai lo sanno tutti. Perché l’altra domenica hanno fatto una festa della democrazia. Ieri un’altra festa della democrazia. A questo punto non manca che fare la festa a Prodi.

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