Fincantieri, prima intesa: stop a tagli e chiusure a Sestri e Riva Trigoso

di Ferruccio Repetti

Arrivano notizie più confortanti su Fincantieri, dopo l’incontro di ieri a Roma tra azienda e sindacati: scongiurate, pare, le prospettive di chiusura, e smentiti i licenziamenti, come del resto aveva preannunciato il ministro Sacconi, sabato scorso, nel convegno della Confindustria a Genova.
Vuol dire, onorevole Michele Scandroglio, che con la vostra mobilitazione, seguita all’annuncio dei tagli, avete raggiunto lo scopo. Siete scesi in piazza, a Sestri e Riva Trigoso. Ma questa non è concorrenza bella e buona alla sinistra?
«La Fincantieri, come l’Ilva e il Teatro Carlo Felice: vere e proprie emergenze per Genova e la Liguria. E questo richiedeva una mobilitazione particolare, in forme e manifestazioni molto incisive. Una politica nuova, sul campo. Ma aspettiamo a esultare, siamo soddisfatti di quello che è uscito ieri a Roma, ma manteniamo alta l’attenzione».
Lei in testa, e Levaggi, Bagnasco, Garibaldi, i consiglieri provinciali, avete presidiato i gazebo. Davanti agli stabilimenti, faccia a faccia con i dipendenti dei cantieri. Col rischio di prendervi dei fischi.
«Al contrario: abbiamo riscosso consensi. Da un parte noi, dall’altra il Pd. Bisogna metterci la faccia, tanto sono gravi i problemi».
Però vi è mancato un appoggio su cui credevate di poter contare.
«È vero. Il Popolo della libertà, in questa fase, si è sentito un po’ isolato. La presenza della Lega Nord al nostro fianco sarebbe stata opportuna e apprezzata.
Invece.
«Invece, la Lega, l’abbiamo sentita lontana. Per questo rinnovo l’invito ai nostri partner di governo: a non tirarsi indietro, a dimostrare concretamente, fisicamente, di esserci. In prima linea, accanto a noi, agli operai e agli impiegati che rischiano il posto di lavoro».
Non solo gli occupati dell’azienda.
«...che già sono oltre 1200, negli stabilimenti interessati dall’eventuale ridimensionamento! I tagli, per Fincantieri, riguarderebbero un indotto che mette insieme circa 3mila persone. Con le relative famiglie. Più ancora a Riva Trigoso che a Sestri Ponente».
Ma il governo si impegna abbastanza?
«Ha confermato il mantenimento dei programmi che possono dare respiro alla produzione. Non dimentichiamo anche che, a suo tempo, fu Claudio Scajola a dare impulso alla realizzazione delle fregate Fremm».
Da un’emergenza all’altra, sempre in campo industriale: l’Ilva.
«Un tema caldo. Che dimostra la superficialità, l’insipienza degli amministratori locali di sinistra. Si sono accorti due giorni prima della scadenza che mancavano le garanzie per i lavoratori contenute nell’accordo di programma. Dilettanti allo sbaraglio!».
I rimedi?
«Sarebbe stato necessario impiegare meglio, nell’interesse vero dei lavoratori, quel milione e mezzo di risorse stanziato per i contratti di solidarietà».
E il Carlo Felice? Anche il Teatro rientra nel quadro di bilanci in rosso e occupazione a rischio.
«Eccome. È una realtà economica e occupazionale che, come nel caso di Fincantieri e Ilva, riguarda la Liguria, ma anche lo scenario nazionale».
Una crisi irreversibile?
«Niente affatto, purché si adotti la ricetta giusta, mentre gli amministratori di sinistra continuano a proporre medicine sbagliate. Io ho studiato a fondo il problema, mi sono informato e ho recepito quello che si fa, nel settore, in Europa».
La cura-Scandroglio quale sarebbe?
«Ammesso e concesso che lo stato delle cose ha raggiunto il punto di non ritorno, bisogna avere il coraggio di dire che o si rivolta tutto come un calzino, o si chiude. Ma dobbiamo tener conto che le conseguenze più negative ricadono inevitabilmente sui lavoratori. Per loro ci vuole comprensione».
Ma se non si volesse chiudere?
«Dico che si dovrebbe: 1) ridurre i posti, dagli attuali 2500 a meno di mille; 2) realizzare, nei volumi resi disponibili, residenze per gli artisti, punti di riferimento commerciale, ovviamente compatibili con gli aspetti più propriamente musicali, per riequilibrare i conti; 3) far sì che gli artisti formino una società esterna, a sé stante, cui garantire 120-130 serate all’anno e per il resto libera di operare sul mercato».
Una rivoluzione.


«Innanzi tutto un modo per tornare a rendere appetibile e funzionale il Teatro, sia per il settore pubblico, sia per i privati. E in questo contesto, vedrei benissimo affidare al dottor Fossati il ruolo di manager in grado di pilotare la ripresa. In tre o quattro anni, ragionevolmente, ce la possiamo fare».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica