Fini e la Rice d’accordo: deferire l’Iran all’Onu

Berlusconi invitato nella capitale degli Stati Uniti: parlerà davanti al Congresso il primo marzo

Mariuccia Chiantaretto

da Washington

Il ministro degli Esteri Gianfranco Fini ha incontrato ieri a Washington il segretario di Stato Condi Rice e il vicepresidente Dick Cheney. Il suo arrivo coincide con quello del capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, che ieri al Pentagono ha discusso i tempi del ritiro e della futura collaborazione per l'addestramento della polizia irachena.
«Grazie Gianfranco - ha esordito la Rice nella conferenza stampa congiunta - per la collaborazione e l'amicizia tra Italia e Stati Uniti, non abbiamo un partner strategico più forte». Il ministro degli Esteri Usa ha spiegato che Italia e Stati Uniti vedono il problema Iran con la stessa ottica e condividono lo stesso punto di vista anche su Irak, Afghanistan e Medio Oriente. Tra alleati che si rispettano si può discutere di tutto e Fini ha affrontato con la Rice e Cheney i problemi in sospeso: dal ruolo che l'Italia rivendica nella trattativa con l'Iran alla possibilità di un successo di Hamas nelle elezioni palestinesi, dal campo di prigionia di Guantanamo alle inchieste sulla morte dell'agente Nicolò Calipari in Irak, al rapimento dell'imam Abu Omar a Milano.
Una volta stabilita una «strategia comune per il successo in Irak», come la definisce Fini, l'Iran è il problema più serio cui Europa e Stati Uniti devono dare una risposta. I due ministri degli Esteri hanno convenuto che il deferimento di Teheran all’Onu per il dossier nucleare è indispensabile. Fini ha ribadito che l'Europa non può essere rappresentata soltanto dalla troika Germania-Francia-Gran Bretagna. «Questo formato - ha detto - è nettamente superato». Fini ha fatto presente che l'Italia è il principale partner commerciale Ue dell'Iran e proprio per questo motivo intende svolgere il ruolo che le compete. «Ribadiamo agli amici di Israele - ha poi concluso Fini ricordando le parole del presidente iraniano contro lo Stato ebraico - che l'unica via di soluzione è quella diplomatica».
Ieri a Washington è stato anche reso noto che Silvio Berlusconi parlerà al congresso americano il 1° marzo. «L'invito al presidente del consiglio italiano - ha commentato Fini - è la prova più evidente della relazione speciale tra i nostri due Paesi. Una relazione che continua dopo l'annuncio del probabile ritiro delle truppe italiane dall'Irak».
Il ministro ha indicato che il rapporto privilegiato tra Italia e Stati Uniti non è in contraddizione con la posizione assunta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha esposto al presidente Bush la sua preoccupazione per il rispetto dei diritti umani a Guantanamo. Sul caso Calipari e sul rapimento di Abu Omar Fini ha detto: «Sono due questioni sulle quali gli americani sanno perfettamente che in Italia la magistratura ha il dovere di accertare le responsabilità, il diritto di interrogare e di verificare. Le autorità di Washington sanno che il governo italiano, pur nel rispetto, com'è doveroso, della separazione dei poteri e della piena autonomia della magistratura, non può che unirsi alle richieste di aver trasparenza e assoluta certezza su ciò che è accaduto».
Mentre la ricostruzione dell'Irak entra in una fase nuova con il ritiro parziale delle truppe di terra, la cooperazione tra Italia e Stati Uniti si espande in zone diverse: dai Balcani, dopo la morte del premier kosovaro Rugova, ai territori palestinesi, dove si avvicinano le elezioni che potrebbero rafforzare l’intransigente Hamas. Secondo Fini un dialogo con questa forza non è escluso a priori ma le condizioni devono essere chiare.

«Se Hamas - ha detto il ministro - continuerà a chiedere la distruzione di Israele nessuna collaborazione sarà possibile. Se invece questo movimento si evolvesse verso un atteggiamento più realista, come è avvenuto per altri, i Paesi occidentali potrebbero avere motivo di incoraggiarlo. Qualche segnale in questo senso esiste».

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