Fini ormai alla deriva gode solo dei guai altrui

La neutralità di facciata nasconde tutta l'ambiguità di chi è costretto a fare i conti con un esperimento in perdita

Fini ormai alla deriva gode solo dei guai altrui

Roma - «Non appoggiamo nessun candidato al ballottaggio» era la linea sancita con voto bulgaro (e pochi nervosissimi astenuti, come Urso e Ronchi) dall’assemblea Fli dopo il primo turno. Una posizione di facciata e di comodo che cela una partita molto più ambigua, difficile da spiegare ad un elettorato di centrodestra, quindi meglio camuffarla. Ovvero: con l’ultrasinistra borghese di Pisapia a Milano, ma senza dirlo apertamente, con il dipietrista-movimentista De Magistris a Napoli, con il centrosinistra un po’ ovunque, contro il Pdl più che volentieri, ma con grande discrezione.
Il problema è che Fli, finora, è un esperimento in perdita, un buco nell’acqua, insieme alle ambizioni di un Terzo polo che poi nell’urna si dissolve. L’unico risultato concreto può essere in negativo: un tracollo della maggioranza, una batosta che prepari un regime change. Perciò i futuristi di Fini non devono neppure turarsi troppo il naso per appoggiare candidati incompatibili con la destra che vogliono rappresentare, mondi opposti ma al momento indispensabili. Il talebano Briguglio ammicca a Pisapia e De Magistris come «mali minori», di fatto indicando a chi ha votato Fli di barrare il loro nome. A Napoli è già farsa, col candidato dipietrista invitato ad una cena di rettori, nella casa di uno di loro, che altri non è se non Raimondo Pasquino, candidato del terzo polo finian-casiniano bocciato al primo turno (dopo che, pilatescamente, aveva detto: «A Napoli non ci schieriamo»). L’ex pm, peraltro, ha già promesso a Pasquino la presidenza del consiglio comunale. Anche altrove non ci sono apparentamenti ufficiali, ma è solo apparenza (tipo a Cagliari, dove Fli strizza l’occhio al candidato vendoliano).
Una sconfitta del centrodestra a Milano e Napoli potrebbe essere l’unico boccone dolce per un partito che mastica amaro da quando si è costituito. E che pure nei ballottaggi, qualora gli andasse bene vedendo perdere il Nemico, gli sarebbe comunque piuttosto andata male. Evanescenti alla prova del voto, senza una rotta comprensibile, gli uomini di Fini si ritrovano a dover esultare per exploit (Pisapia, De Magistris) che, a guardarci meglio, non fanno altro che assottigliare il loro spazio elettorale già risicato. Le colombe sono fuggite, i falchi si riciclano da avvoltoi, una mutazione di cui non essere troppo fieri. Dopo il brindisi, se il centrodestra perdesse anche solo a Milano, a Fli toccherà fare i conti con la realtà. Cioè con una coalizione (il Terzo polo) senza capo (in tutti i sensi) né coda. Con un partito che perde i pezzi ma non guadagna in compattezza. E con un leader che si dice sia stanco di fare il leader di partito, innamorato com’è di un ruolo istituzionale che ha più onori che oneri. Quel che gli hanno rimproverato persino i militanti di Fli quando a Bastia Umbra a sfidato Berlusconi a lasciare Palazzo Chigi, senza però neppure sognarsi di lasciare Montecitorio per calarsi nell’arena.

Eppure un capo vero servirebbe a Fli per sperare, un giorno, di vincere qualcosa da soli. Sennò bisogna accontentarsi che vincano Pisapia e De Magistris, ma non è un gran bel sperare per chi crede, ancora, in Fini, Bocchino e company.

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