In fondo credere nei sentimenti è la scelta migliore

Tutte le protagoniste del romanzo, a un certo punto, si trovano nello stesso luogo e a parlare con la medesima persona. Insensatamente ma irrinunciabilmente. Sono tutte donne che tradiscono o sono tradite e che difficilmente si decideranno ad applicare i principi tra loro tanto declamati. Perché sono donne. Sono umane e vogliono credere all’amore. Questo è il senso, dolente ma ricco di speranza, che mi sembra offra il bellissimo libro di Camilla Baresani.
Non ho mai recensito un libro ma, dopo aver letto Un’estate fa (Bompiani, pagg. 349, euro 18,50), ho sentito l’esigenza di farlo. Già mi erano piaciuti i precedenti di Camilla, tanto da far di tutto per conoscerla e diventarle amica. Mi piace il suo sguardo narrante del mondo e dei sentimenti. Ma questa volta la scrittrice supera la tecnica letteraria e invade l’anima di chi legge, provocando sussulti di memoria personale e mettendo alla prova i pensieri e le convinzioni individuali o condivise. Ecco, questo libro è una saga del pensiero, che raccoglie tanti problemi contemporanei e li organizza in un puzzle, alla fine semplice, ma complicato in partenza, colorato dalle sfumature sentimentali e comportamentali di ciascun protagonista. Gli attori principali sono cinquantenni, che di fatto sono sempre rimasti figli e ancora non sono stati capaci di diventare leader della propria vita. La storia d’amore è un pretesto. L’io narrante descrive gli avvenimenti che riguardano i protagonisti con occhio cinico e cuore in tumulto; tuttavia questa vista strabica permette di vedere, per esempio, le famiglie in uno scenario molto più realistico di quello che ci propongono le ideologie tradizionali e alternative.
Dunque si parla di tradimenti, papà separati, figli in provetta, ma anche di terrorismo, discriminazione, conflitti religiosi e generazionali. E, ancora, di feste, salotti, cultura sana e cultura per modo di dire. Il tutto viene affrontato attraverso la trama ben congegnata degli accadimenti, raccontati in mezza giornata e riferiti all’anno precedente. Nel frattempo, una serie di digressioni, anche molto provocatorie, sollevano temi importantissimi: amore, amicizia, vizio, parassitismo sociale. Con lo sguardo, spesso straniato, di chi crede di essere fuori da questo mondo, ma ne è attratta per quanto lo respinga. Tanto da ritrovarsi alla fine invischiata. Perché anche l’autrice è parte della cronaca che descrive, pur non essendone protagonista giacché tale può essere ciascuno dei lettori.
Infatti, il romanzo non svolge tesi, non fotografa la realtà, non definisce personaggi assoluti: anzi, consente a chiunque lo legga di raccontarsi la propria storia usando dettagli e vicende che possono appartenere a tutti, perché tratteggiano e definiscono questo mondo contemporaneo, così privo di tesi (se non imprudentemente giudiziarie...) e così ricco di possibilità. La risorsa stilistica interessante, e accattivante, è poi offerta dalla circostanza che gli stessi eventi sono raccontati da tre voci, tre caratteri differenti, sottolineati anche dal lessico che cambia per ognuno, così come dalla visione dei fatti diversamente interpretati.
E infine, su tutto, un incoraggiamento di grande attualità: chi legge si sente portato a ripensare e ricordare i valori della famiglia, gli interessi, egoistici e individuali, le aspettative personalissime. Non è così scontato quello che, a corollario, suggerisce Camilla Baresani: tutto ciò che succede, può succedere ed è sempre successo nei tempi. Anche le famiglie sbagliano, perché tutte le persone che le compongono commettono degli sbagli. Forse, la strada giusta è mitigare, capire, anche perdonare se stessi e gli altri.

Purché si vada avanti, con la speranza che qualcosa di buono possa domani succedere. Senza volere a tutti i costi cancellare gli errori sentimentali che costituiscono, comunque sia, un patrimonio storico e affettivo che ci identifica fra gli altri.

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