Primo caso di doping al mondiale in Sudafrica. Ma Sepp Blatter è tranquillo. La polizia ha provvedutoaddirittura ad arrestare il colpevole. Anzi la colpevole. Trattasi di Paris Hilton. Non gioca in nessuna delle trentadue nazionali del torneo, non fa parte nemmeno dello staff tecnico o medico delle varie delegazioni. Non risulta tesserata a nessuna federazione. Ma è lei, la signora dell’albergo, nel senso del cognome, la bionda più ricercata, in tutti i sensi, dai fotografi e dalla polizia. In Sudafrica l’hanno beccata allo stadio, durante il quarto di finale tra Brasile e Olanda. Sembrava estasiata dalle giocate di Robben, forse dai numeri di Wesley Sneijder o ancora per l’eleganza di Kakà. In verità l’estasi era dovuta all’erba, non del prato di Port Elisabeth ma della sua sigaretta, detta volgarmente canna. Marijuana, insomma, roba di ordinaria assunzione per la suddetta povera milionaria. Lascio il fatto di cronaca e vengo al dunque: ma se uno va allo stadio e deve farsi una canna per assistere all’evento che tipo può essere? Mi dicono che il fatto si verifichi puntualmente in ogni week end sui famosi spalti dei nostri stadi, dalla A alla B alle divisioni inferiori. Si spaccia, si consuma. Il football è una droga, lo slogan è efficace. Paris Hilton è già stata rilasciata, riferiscono che si sia divertita moltissimo, che abbia commentato con una risata sia l’arresto, sia la liberazione dal gabbio. Non so chi le abbia consegnato il biglietto per la partita ma credo che se dovessero introdurre l’esame antidoping anche all’ingresso degli stadi vedremmo svuotarsi curve, distinti e soprattutto tribune autorità.
Il segnale che arriva dal Sudafrica è interessante, potrebbe costituire un buon precedente, fare giurisprudenza, come si usa dire. In breve: dopo la tessera del tifoso perché non provare con il test antidoping? Grazie a Paris Hilton il mondiale è salvo. La signorina, non lo so.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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