Francia e Turchia s’arrendono alla Nato Primo duello aereo: distrutto jet libico

La questione del comando delle operazioni contro Gheddafi sembra faticosamente avviarsi verso la conclusione. La Francia insiste sulla «cabina di regia politica» ma ammette che affidare alla Nato il coordinamento militare è la soluzione «più comoda» e la Turchia, che inizialmente voleva le bandiere dell’Onu, ha dato il via libera all’Alleanza atlantica, che dovrebbe assumere «il pieno controllo delle operazioni in uno o due giorni». L’accordo annunciato ieri a tarda sera dal segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen prevede che per il momento l’alleanza atlantica imponga la no fly zone a tutela dei civili e che si continui a trattare sul comando completo delle operazioni. Come volevasi dimostrare, intanto, l’aviazione di Gheddafi, data per «distrutta o resa inutilizzabile» non più tardi di ieri mattina dai vertici militari britannici e americani, è ancora in grado di impensierire la coalizione. Nel primo pomeriggio di ieri un aereo militare libico ha violato la no fly zone ed è stato distrutto da un Rafale francese mentre era appena atterrato alla base di Misurata.
Nella giornata di ieri però dalla Libia, dove secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni si trovano bloccati 800mila stranieri, si sono susseguite notizie ben più drammatiche dell’abbattimento del jet gheddafiano. In seguito a violentissimi scontri casa per casa, le «armate verdi» fedeli al raìs avrebbero prima preso e poi perso il controllo del porto di Misurata, la città-chiave della Tripolitania praticamente isolata dal resto del mondo, senza acqua, cibo e medicine da giorni, dove in una settimana ci sarebbero stato oltre cento morti e 1.300 feriti. «I carri armati hanno colpito una moschea e un hotel vicino all’ospedale - ha detto un medico residente a Misurata - Appena si sono visti gli aerei alleati, i bombardamenti si sono fermati e i tank sono fuggiti. Ma ci sono ancora i cecchini». I quali, secondo gli insorti, solo ieri avrebbero ucciso almeno 16 persone. In un altro centro sotto assedio, Agedabia in Cirenaica, la situazione peggiora drasticamente. Secondo un testimone «hanno tagliato elettricità e acqua». Insomma, fra cadaveri insepolti, assistenza sanitaria praticamente inesistente e carenza di cibo e acqua potabile, le condizioni della popolazione civile sono ormai al limite della sopravvivenza.
Dunque, le truppe del raìs, che la quinta notte e il sesto giorno di guerra non sembrano aver indebolito più di tanto, resistono.

Le «armate verdi» hanno aperto più volte il fuoco con la contraerea a Tripoli (da dove il governo di Gheddafi fa sapere che i raid hanno fatto almeno cento morti), hanno ammassato una cinquantina di carri armati nei pressi di Zintan, 140 chilometri a sud della capitale, continuano a battersi intorno alle città strategiche della costa, bloccano gli aiuti internazionali alla popolazione civile e controllano i centri dell’interno come Sebha, Kufra e Ghat, dove operano i reclutatori di mercenari subsahariani.
Quanto agli insorti, annunciano di aver ricevuto «promesse di armi da molti Paesi» e di aver iniziato l’addestramento militare ai circa 17mila volontari che si sono arruolati per combattere Gheddafi.

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