Francia, a Metz apre il Beaubourg "decentralizzato"

Con una mostra dedicata al capolavoro (con opere di Picasso, Matisse, Chagall, Mirò...) viene inaugurato alla presenza di Sarkozy il nuovo Centre Pompidou, costato 70 milioni di euro e già soprannominato «la Casa dei Puffi»

Proiettori puntati su Metz, per ricordare al mondo della cultura che in Francia non c'è solo Parigi. Il suo nuovo Centre Pompidou, che aprirà le porte mercoledì con una mostra di 780 opere sul tema del capolavoro, suscita da tempo curiosità, anche al di là delle frontiere, e il gioco delle critiche e degli elogi è già iniziato. Ci si chiede se la città dell'est della Francia (130.000 abitanti), ad appena un'ora e quaranta di TGV da Parigi e nel bel centro dell'Europa, vincerà la sfida e riuscirà a competere con le grandi città d'arte europee, così come fa Bilbao da quando è entrato in funzione il suo Guggeneheim.
Ma intanto, ai piedi dell'originale edificio del giapponese Shigero Ban e del francese Jean de Gastines - che si merita, senza cattiverie, il soprannome di «Casa dei Puffi» - ci si chiede se il primo capolavoro del Centre Pompidou Metz (CPM) non sia proprio il suo immenso tetto ispirato ai tradizionali cappelli cinesi di bambù, con la sua ragnatela di 18 km di assi di legno intrecciate che reggono una membrana bianca di 8.000 metri quadri. Quasi più impressionante da dentro, se possibile.
Ai giornalisti - 300 accreditati per la visita in anteprima - il direttore del CPM Laurent Le Bon ha ricordato che questo Beaubourg nuovo di zecca non è una succursale di quello parigino, ma «un centro d'arte a tutti gli effetti», primo esperimento di «decentralizzazione» culturale in Francia, al quale seguirà quello del nuovo Louvre, a Lens.
«Per la prima volta - ha sottolineato Le Bon - si accetta che le ricchezze nazionali non siano solo a Parigi, è un'evoluzione importante per la Francia, non è poi cosi anormale». La scelta della città di Metz, anni fa, sollevò infatti diverse polemiche.
Ma ormai nel capoluogo della Lorena, la regione che con l'Alsazia di Strasburgo fu nei secoli contesa fra Germania e Francia, si respira l'aria del Pompidou. Tubi e strutture sono a vista e immense baie vetrate (che dall'esterno assomigliano a giganteschi occhi rettangolari) si affacciano sulla città. Al fratello maggiore di Parigi il CPM non deve solo il nome. Parigi ha aperto i suoi depositi inesauribili (65.000 opere) e ne ha tirato fuori più di 700 opere per la mostra «Chefs-d'oeuvres?», che domani sarà inaugurata dal presidente Nicolas Sarkozy. Ci sono i suoi più bei Picasso, Matisse, Braque, Chagall, Mirò, i suoi Brancusi, i Dubuffet, i Giacometti, gli smisurati manifesti di Sonia Delaunay (attaccati a un muro di 18 metri). Tutte opere che viaggiano poco. La mostra vuol dire che la storia del capolavoro è fatta di tante storie, è storia del gusto, dell'artista, della critica. «È una mostra senza pretese di esaurire l'argomento - precisa Le Bon - è solo uno schizzo, il punto di partenza per altre mostre». Tra le quattro e le sei ogni anno, perché questo Beabourg 2 per il suo presidente, Alain Seban, sarà una «macchina per esposizioni, una chimera tra museo e centro d'arte». Il CPM è costato più tempo e soldi del previsto, sette anni per circa 70 milioni di euro.

«Un'esperienza che ha comportato un impegno considerevole - ha sottolineato Seban - ma anche un'esperienza unica. Non ci saranno altri Centre Pompidou - dice - esisterà invece un Centre Pompidou mobile, una struttura di esposizione nomade, non prima dell'anno prossimo». Ma questa è un'altra storia.

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