Francia pronta a scipparci gli affari in Libia

La Francia non ci sta a lasciare i cieli di Libia (e non solo) all'Italia. Ecco perché a fianco della pattuglia acrobatica italiana a Tripoli voleranno due caccia francesi Rafale. Guarda caso aerei che Parigi, che neanche si è accorta della battuta infelice di Gheddafi sul terrorista di Lockerbie, vuole vendere al Colonnello.
E cancellare la visita e l'esibizione della Pattuglia dell'Aeronautica Militare sarebbe un grave errore, perché le Frecce Tricolori sono un simbolo importante di quanto di meglio l'Italia realizza. Aerei e piloti sono efficaci alfieri del made in Italy. Al punto che Parigi teme che rubino la scena ai suoi Rafale.
Roma del resto ha mille motivi per costruire un saldo legame con la Libia ed evitare che i concorrenti ne approfittino. A Parigi già si sorride per la nostra «pruderie», perché in Francia hanno ben presente cosa sia l'interesse nazionale e sono prontissimi a cercare di scalzare Roma nella corsa alla Libia, ai suoi mercati, alle sue materie prime, ad una partnership strategica. È naturale quindi che la Francia non abbia dato peso alle sparate di Gheddafi sull'«eroe-terrorista». Perché il presidente francese Sarkozy ha in ballo non solo mega contratti per fornire tecnologia nucleare civile al Colonnello, ma anche la vendita di una quantità di sistemi d'arma, dagli elicotteri da combattimento alle navi da guerra, ai cacciabombardieri Rafale. Un «pacchetto» da 3-4 miliardi di euro.
Gheddafi poi con il terrorismo ha chiuso, al punto da collaborare proficuamente con la intelligence occidentale, compresa quella britannica. Si dice sia stato proprio il servizio segreto inglese, l'MI6 a sventare il più recente attentato contro il Colonnello, commesso per la quarta volta dal Libyan Islamic Fighting Group (Lifg), un gruppo terroristico di ispirazione salafita molto legato ad Al Qaida.
E davvero si può credere che la liberazione da parte di Londra del terrorista libico sia solo umanitaria?
Gheddafi da anni è nel mirino dei terroristi islamici perché si guarda bene dal sostenere le tesi delle fazioni estremiste, guidando un regime di fatto laico e filo-occidentale. Gheddafi, che vuole preparare una successione dinastica, teme molto la presa dei fondamentalisti tra la moltitudine di giovani suggestionabili che rappresenta una parte crescente della scarsa popolazione del Paese.
Tutto l'Occidente e l'Unione Europea, stanno aiutando il Colonnello ad evitare che la Libia finisca in mano agli estremisti. E questo vuol anche dire creare un sistema di controllo delle frontiere, in particolare quella meridionale (la mega commessa dovrebbe andare a Selex Sistemi Integrati, società del gruppo italiano Finmeccanica), per non parlare della sorveglianza costiera.
Anzi, l'Italia in questo campo si muove con particolare discrezione: collaboriamo per migliorare la sicurezza interna e la sorveglianza dei confini e in questo modo, tra l'altro, si spera di ottenere la fine dei viaggi dei disperati (e dei criminali) diretti verso le nostre coste.
Roma è invece più timida per quanto riguarda il business della ricostruzione delle forze armate libiche, ridotte a poco o niente dopo lustri di embargo internazionale. Prima che Onu e Usa imponessero l'embargo, la Libia si riforniva principalmente in Russia, Cina e Italia. L'embargo è stato applicato diligentemente e ora che la Libia non fa più parte dell'Asse del Male, la Russia sta tentando di piazzare armi per 2,2 miliardi di dollari e ha anche chiesto una base navale. Della Francia abbiamo detto. L'Italia per ora ha fatto poco: elicotteri «governativi», aerei da pattugliamento marittimo, riattivazione di qualche aereo da addestramento.


Ecco, la visita delle Frecce tricolori serve anche a ricordare alla Libia che oltre infrastrutture e energia realizziamo anche tecnologie per la sicurezza e la difesa di prim'ordine. Chi si aggiudica commesse in questi campi delicati è il vero partner di riferimento. Cerchiamo dunque di non aiutare i nostri numerosi avversari.

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