Freud e Jung. Il Lido di Venezia sul lettino

La psicanalisi è arrivata sul lettino e lo ha steso sul lettino la Mostra del Cinema, soggetto idoneo coe pochi altri alle alchimie degli “strizzacervelli”

Freud e Jung. Il Lido di Venezia sul lettino

La psicanalisi è arrivata sul lettino e lo ha steso sul lettino la Mostra del Cinema, soggetto idoneo coe pochi altri alle alchimie degli “strizzacervelli”. Questa volta a portare Freud e Jung ci ha pensato un regista come David Cronenberg che ha schierato un cast di tutto rispetto: Viggo Mortesen, nella parte del padre di questa scienza così contemporanea, Michael Fassbender in quella del suo più celebre discepolo e poi avversario (un bravo attore sprecato per il film “Shame” di Steve Mc Queen, Keira Knightley in quella di Sabina Spielreim che del secondo su prima paziente e poi amante e che sarà uno dei motivi alla base della rottura fra i due geni dell’inconscio.

Il film ha diviso il pubblico, soprattutto per chi si aspettava da un regista geniale quanto “pazzo” quale Cronenberg un qualcosa di visionario quanto trasgressivo. Ha però convinto i fautori di un cinema bel raccontato con una superba ricostruzione storica e pieno di quell’elemento che nella filografia contemporanea tende a rimanere in secondo piano, il dialogo, il potere e il fascino della parola. Da questo punto di vista “Dangereus Method”, ovvero un metodo pericoloso, è una vera e propria seduta di psicanalisi: e siccome la sceneggiatura ricalca fedelmente il lessico dei due padri della psicanalisi, il risvolto è quantomai affascinante.

Ciò che viene fuori dal film è infatti proprio il differente approcio di Freud rispetto a Jung: il primo infatti si considera un medico che diagnostica un male, ma non lo cura; “Non sono un Dio!” replicherà al giovane collega Jung. Quest’ultimo, invece, non ce la fa a restare sordo al dolore del suo paziente ed è disposto a tutto pur di lenirlo.

Girato tra la Svizzera e l’Austria e i luoghi di calma perfetta che contrastano con ancora più forza con le tempeste intime deigli schizzofrenici, dei nevrotici, dei depressi…, il film ha in Keira Knightley l’elemento che approfondisce e chiarisce lo scontro tra i due titani della “mente”. Jung ritiene che per vincere una fobia dell’inconscio si debba andare fino in fondo accettando anche i rischio di trasformarla in una perenne realtà da condividere con se stessi. Così curerà le turbe sessuali della sua cara paziente permettendone lo sfogo e si farà lui stesso sadico (carnefice) del masochismo di lei. Stiamo parlando di eccitazioni di fronte all’umiliazione. Così facendo la povera donna che odiava il suo corpo, vittima di una sessualità repressa, saprà godere delle sue passioni. Senza più doversi vergognare.

Tutto ciò per Freud si rivelerà inammissibile: il sesso è una malattia che per lui non comporta una guarigione, ma solo la consapevolezza di essere malati. Ciò che Jung coglie bene nell’analisi freudiana è il difetto di base di legare, pulsioni, turbe psichiche a motivazioni sentimentali, come il complesso edipico insegna. “Il mondo è molto più ricco e misterioso di quanto lui non voglia pensare”, gli rinfaccia.

Ma anche Freud si rende conto che c’è nella ricerca di Jung un misticismo, una vena irrazionale, una sorte di panteismo religioso che possono portare al distrastra: Vigo Mortensen, un Freud affascinante nel pieno della maturità fisica e mentale, capace di sedurre l’interlocutore con la sottigliezza e l’ironia della sua mente. Michael Fassbender rende un magnifico, fragile eppure determinato Jung capace da dietro i suoi occhialini tondi di ferro di comprensione e passione.

Keira Knightley disegna la psicologia di una ventenne capace di convivere con i propri incubi e di lottare per il riscatto di se stessa. “Il sesso ha a che fare con la morte” dice a Jung che l’ha in cura, ma l’unione di due corpi permette la creazione di un sentimento che fa riaffiorare la vita.

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