Matteo Sacchi
Un biplano schiantato oltre le linee, un pilota che fugge dopo averlo dato alle fiamme, non vuole che cada in mano al nemico, agli austriaci. L'uomo nella sua pesante tenuta d'aviatore corre a più non posso, ha paura. Maledice la guerra, maledice in fatto di aver perso le sigarette, non vuol morire senza fumare. Non vuol morire a terra, lui così abituato alla feroce giostra dei cieli. Lassù esattamente come nelle trincee spadroneggia la signora con la falce, ma lo fa in maniera diversa, se non con equità, almeno con eleganza.
Quando quest'angelo caduto, uno di quegli angeli biblici con la spada in mano e pronti alla furia, raggiunge finalmente un punto sicuro si butta al suolo, si nasconde tra l'erba e aspetta. E mentre l'aria gli ritorna nei polmoni alla mente gli tornano i ricordi di una vita, la memoria prende il posto degli spiriti belluini dell'adrenalina.
Il suo nome è Fulco Ruffo di Calabria, principe, grande di Spagna e tutto il resto. E se il suo sangue blu ne fa uno dei nobili più titolati d'Europa le sue venti vittorie ne fanno l'erede di Francesco Baracca come eroe dell'aviazione italiana. Eppure solo e spaventato, privato delle ali, a rischio di morte e prigionia tutte queste cose sembrano avere poco senso. Così ramingo nella notte, in attesa di capire se arriverà salvezza o sconfitta Fulco si guarda indietro riflette sulla guerra, sulla morte della cavalleria, sulla ferocia della modernità. Sul suo essere in quanto nobile una creatura sospesa tra presente e passato.
Ecco la bellissima storia che Paola Tosi racconta nel romanzo In fuga nel cielo (Marsilio, pagg. 110, euro 13).
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