GABRIELE NISSIM Il Wiesenthal degli «eroi normali»

Un appuntamento affollatissimo, quello che si è tenuto l’altra sera a Milano, in via Zebedia 2, nella sede del Centro Culturale di Milano. Un pubblico attento, silenzioso, a tratti commosso. Si presentava Una bambina contro Stalin (Mondadori) scritto da Gabriele Nissim e basato sulla storia vera di Luciana De Marchi, figlia di Gino De Marchi, militante del partito comunista italiano, regista, trasferito a Mosca nel 1921, arrestato nel 1937 con un’assurda accusa di spionaggio, fucilato a Butovo, vicino alla città, il 3 giugno 1938. Senza processo.
Luciana De Marchi, presente in sala, ha dedicato tutta la vita a scoprire la verità sulla morte del padre. Una verità che è giunta solo nel ’96, dopo che per decenni le era stata nascosta, dopo che per anni lei aveva scritto a papà ogni giorno credendolo ancora vivo, dopo che le autorità avevano cercato di zittirla con una falsa versione della morte.
Mercoledì, a un primo e un po’ fumoso intervento del politologo Giorgio Galli («Lo stalinismo è stato una durissima repressione, ma anche consenso. In patria Stalin è visto come uno dei costruttori della Grande Russia»), sono seguite dichiarazioni di grande forza emotiva. La regista Andrée Ruth Shammah ha letto pagine toccanti. Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, ha precisato come il lavoro di Nissim, anche in libri precedenti, abbia messo in luce il sacrificio di «eroi normali» e «protagonisti di vicende che li hanno visti vittime di un sistema repressivo a lungo negato e rimosso», come il regime staliniano. E ha paragonato l’autore a una specie di Simon Wiesenthal, con la differenza che anziché cacciare chi aveva fatto il male, è andato alla riscoperta di storie di «eroi normali», che hanno realizzato invece un bene collettivo, ristabilendo la fedeltà della memoria. Nissim si è soffermato a lungo proprio sull’importanza di questo «esercizio della memoria», legato non tanto a ricorrenze irrigidite da formalità istituzionali, quanto a un lavoro paziente e costante di ricerca della verità.
E l’esercizio della memoria a corrente alternata è divenuto a un certo punto il vero tema dell’incontro. Circolava una battuta: se il libro si fosse intitolato «Una bambina contro Hitler» avrebbe avuto più risonanza mediatica, perché i due grandi totalitarismi del ’900 hanno goduto finora di un trattamento differenziato. Nissim e Luciana De Marchi hanno da poco compiuto un viaggio a San Pietroburgo con Piero Fassino, viaggio di cui la stampa italiana ha dato pochissimo conto, anche se era la prima volta che un esponente dell’ex Pci visitava i gulag. E hanno incontrato per un’ora e mezza Giorgio Napolitano, al Quirinale. «Il primo presidente che sono riuscita a incontrare», ha scherzato De Marchi, che Stalin lo ha visto solo da lontano e da Kruscev ha ricevuto solo bugie.
Eppure, come ha ricordato lo storico Adriano dell’Asta, «sotto Stalin le persone venivano sostituite dal bene della Causa e alla realtà si sostituiva l’Idea». E così tra il ’19 e il ’51, centinaia di italiani, pur comunisti, vennero uccisi, e altre centinaia deportati e privati dei diritti civili. Una ragazza tra il pubblico, Benedetta Borsani, ha sostenuto che la riabilitazione del nonno, Carlo Borsani, è avvenuta con Oscar Luigi Scalfaro presidente, «ma di nascosto».

E si sono ricordate le figure di spicco di intellettuali dissidenti, le cui denunce sono sempre cacciate sotto il tappeto di opportunistici silenzi dalla maggioranza della nostra intellighentia: Alexander Solgenitzyn, Vasily Grossman, Vaclav Havel.
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