Gas e affari, incroci pericolosi dell’ex presidente Antimafia

Ombre sui fondi per il metano in Sicilia: il senatore Lumia all’inaugurazione dei lavori di una società di Ciancimino

Gas e affari, incroci pericolosi  dell’ex presidente Antimafia

Giuseppe «Beppe» Lumia, senatore Pd, ex presidente (e attuale membro) della commissione antimafia, vive un periodo tormentato. Lui che da sempre ci mette la faccia nell’attaccare questo o quel politico sospettato di mafiosità (talvolta anche solo a seguito delle dichiarazioni di un pentito) si ritrova accusato dall’ex presidente di Confindustria di Caltanissetta, Pietro Di Vincenzo, d’aver intascato una mazzetta da 100 milioni di lire. Lumia ovviamente nega. Accusa il suo accusatore di aver trascinato per vendetta nella polvere pure il successore degli industriali nisseni, l’amico Antonello Montante. Tra le frequentazioni pericolose che i detrattori rinfacciano al senatore c’è quella - riferita dal carabiniere-talpa Giorgio Riolo - con il re delle cliniche Aiello, vicino a Provenzano, e quella con Francesco Agnello, finito nell’inchiesta Penati, tirato in ballo anche dal pentito Campanella, che in origine tirò in ballo pure lui. Ragionando, dunque, come ragionerebbe un militante giustizialista antimafia, c’è una storia, quella della metanizzazione in Sicilia, che potrebbe provocargli un qualche imbarazzo. È la vicenda della Gas (Gasdotti azienda siciliana), ovverosia della Spa gestita indirettamente dal sindaco mafioso Vito Ciancimino (e poi dal figlio Massimo, come racconterà a verbale il pentito Giovanni Brusca parlando dei lavori a Trapani e Alcamo) attraverso il professor Gianni Lapis in società con il defunto presidente Ezio Brancato.
Occorre soffermarsi su questo Lapis, già condannato a 2 anni e 8 mesi per intestazione fittizia di beni, indagato per corruzione nei confronti dell’ex ministro Romano e del senatore Vizzini, ripetutamente coinvolto in procedimenti sul business miliardario del gas insieme al figlio «pataccaro» di Ciancimino, Massimo, che reclama per sé i milioni del papà nella Gas Spa. Lapis viene arrestato il 3 dicembre per il riciclaggio di 60 milioni di dollari. Due mesi prima, ai microfoni del giornalista Stefano Bianchi di Servizio Pubblico, il professore Lapis spiega perché non può aver consegnato mazzette all’ex ministro dell’Agricoltura («io le concessioni le ho ottenute nel ’99, Romano è stato eletto nel 2001, difficilmente penso che possa essere intervenuto politicamente per favorirmi nelle concessioni del gas») e poi la butta lì: «Contributi elettorali? Posso averli dati anche ad altri soggetti di altre forze politiche, la procura ha le carte (...). Posso averli dati anche a soggetti del Pd o di altre forze politiche, anche ai presidenti delle commissioni antimafia può darsi che possano avere avuto da me appoggi, non credo che siano mafiosi, no? Li ho dati a tutti quei soggetti che reputavo corretti e idonei a sostenere quelle che erano le necessità della Sicilia». Contattato dal Giornale pochi giorni prima dell’arresto Lapis ha preferito sorvolare su quel riferimento ai possibili contributi dati a un presidente dell’Antimafia: «Non ne voglio parlare, per ora». Sempre ragionando come ragionerebbero certi giustizialisti antimafia, si potrebbe (ingiustamente) gettare nel tritacarne tutti i presidenti Antimafia, incluso Lumia, cosa che ci rifiutiamo di fare. E pure coi sistemi cari al giustizialismo a senso unico sarebbe facile «mascariare» il senatore Pd collegando le frasi di Lapis a un video girato il 17 giugno 2000 a Mezzojuso dedicato all’inaugurazione dei lavori di metanizzazione ottenuti grazie ai finanziamenti erogati sotto il governo D’Alema. Al microfono il sindaco Francesco Nuccio elogia chi ha permesso il miracolo del gas, come Lumia «che oggi è qui presente, e per noi è grande soddisfazione anche per il nuovo ruolo di presidente della commissione antimafia». Nuccio rimarca l’aiuto prestato dal parlamentare nel firmare «il protocollo di legalità tra amministratori e l’impresa Gas», quella di cui si trovò traccia in un pizzino del boss Antonino Giuffrè, centrale nelle indagini sul tesoro dell’ex sindaco mafioso di Palermo. Al comizio è presente il professor Lapis che non viene però mai citato dagli oratori a differenza del socio Brancato «il presidente della Gas, una persona sempre disponibile» chiosa Nuccio. Tra chi applaude in piazza c’è anche un certo ingegner Italiano (ricordatevi questo nome). Interpellato dal Giornale, Lumia nega sia di aver mai conosciuto Lapis che di essere lui l’ipotetico presidente della commissione antimafia citato dal prestanome di Ciancimino in tv. Quanto al comizio di Mezzojuso, spiega: «Ho sempre denunciato questo sistema, è follia allo stato puro mettermi dentro. A Mezzojuso fu l’unico posto dove fu firmato un protocollo di legalità con la prefettura, lo fecero i sindaci, e quindi io non sapevo qual era l’impresa, non sapevo niente, men che meno potevo sapere chi c’era all’inaugurazione. Andai solo perché sapevo che era stato fatto questo protocollo. Non scriviamo inesattezze perché querelo, non si scherza con la mafia».
Andando a dare un’occhiata alla Gazzetta ufficiale della Regione Sicilia del 17 settembre 1999 sui «contributi Pop Sicilia» per la metanizzazione ci si accorge che la Gas (e altre società ad essa riconducibili) fa man bassa delle erogazioni pubbliche. Oltre 400 miliardi che nonostante i protocolli di legalità, attraverso il pagamento del pizzo per la «messa a posto» dei cantieri, non di rado sono finiti a Cosa nostra, come riscontrato nelle inchieste dei pm di Messina che si rifanno alle dichiarazioni del boss Carmelo Bisognano in stretto contatto prima con il presidente della Gas Spa, Ezio Brancato, eppoi con una stretta parente (all’epoca sposata con il figlio di un importante pm antimafia). Va detto che il procedimento a Catania su Brancato e la mafia, è stato archiviato anche se, contemporaneamente, in un’altra inchiesta, a Palermo, è indagata la vedova Brancato. L’ombra della Gas si è allungata anche in Abruzzo, tant’è che nel dicembre del 2007, partecipando a un’assemblea dell’associazione «Libera», Lumia parla di Lapis, di Ciancimino, del pericolo di infiltrazioni mafiose ad Avezzano e dintorni. Finito il discorso, Lumia viene preso di petto dal rappresentante di una delle società collegate a Lapis che rivendica la correttezza dei rapporti e la regolarità di un appalto. Nella foga l’uomo fa presente a Lumia «che nessuna colpa può essere addebitata all’ingegner Italiano (presente a Mezzojuso, ndr) poiché l’ex dirigente della Gas è stato prosciolto e la sua posizione archiviata dal gip il 5 giugno 2007». Replica stizzita di Lumia: «Se non si preoccupa lei che aveva in società Ciancimino, chi vuole che se ne preoccupi?».

Domanda legittima che qualche detrattore del senatore Pd potrebbe rivoltargli contro per non essersi preoccupato troppo di chi c’era davvero dietro la Gas. Ma occorre essere garantisti sempre, convinti assertori che tanti indizi non fanno una prova. E che non bisogna parlare a vanvera. Almeno «per ora», direbbe Lapis.

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